Un sistema tributario che penalizza i redditi da lavoro dipendente e un alto tasso di evasione fiscale. Sono le due maggiori criticità che secondo il docente di Political and Public Economics, esponente dell’European Fiscal Board Massimo Bordignon, caratterizzano il fisco del nostro Paese, che da quasi quarant’anni non viene rivisto nella sua complessità e nella sua generalità.
Il professor Bordignon ha introdotto i lavori del convegno che si è tenuto, a Milano, lunedì 2 dicembre all’Università Cattolica intitolato Redesigning the Italian Tax System. Il sistema fiscale italiano: verso una nuova architettura, e promosso congiuntamente dall’Associazione per lo Sviluppo degli Studi di Banca e Borsa (Assbb) e dal Laboratorio di Analisi Monetaria (Lam). «Negli ultimi anni sono stati fatti tanti interventi marginali e spesso solo per accontentare qualche clientela, qualche gruppo di elettori con il risultato che il sistema ha perso sostanzialmente razionalità», ha continuato il professor Bordignon.
Nella sessione internazionale si è parlato di “fiscalità d’impresa, fiscal competition e web tax”. Tra i relatori Michael Devereux, Oxford University, secondo cui «il modo migliore per riformare la tassazione su Internet sarebbe quello ripensare la logica di allocazione dei profitti fiscali. La mia risposta a questa domanda è che dovremmo tassare in un luogo di relativa “immobilità”, che è poi il luogo dove si trova il cliente. Quindi, se possiamo tassare il profitto nel luogo in cui le aziende effettuano le loro vendite, dove i clienti sono “immobili”, molti dei problemi che riscontriamo relativamente alla tassazione del fatturato delle imprese digitali svaniranno».
L’Ocse si sta muovendo in questa direzione ma lo sta facendo lentamente. «Questo è un problema per tutti e le criticità potrebbero peggiorare perché le imprese che la gente ha in mente sono in qualche modo le grandi aziende digitali, le società americane che operano in Europa e nel resto del mondo… e credo che sia necessario una qualche forma di dibattito tra l’Europa, da un lato, e l’America, dall'altro, sui diritti fiscali di queste imprese molto grandi come Google o Facebook». «Chi dovrebbe tassarle?», si chiede Devereux. «Ci sono problemi tecnici, che si sta tentando di risolvere, ma ci sono anche seri problemi politici che magari possono essere occasione di negoziazione tra Europa e America».
Durante la sessione dedicata al tema “riforma della tassazione delle persone fisiche”, Vincenzo Visco, già ministro della Finanze, ha proposto l’introduzione di una modesta imposta patrimoniale potrebbe essere una soluzione per riformare il sistema fiscale italiano. «Questa imposta patrimoniale dovrebbe sostituire tutti i prelievi che oggi esistono sui redditi da capitale e che andrebbero dunque aboliti. Questo perché uno dei problemi principali del nostro sistema fiscale è che mentre i redditi da lavoro sono tassati più o meno pienamente i redditi da capitale sono tassati poco e male». Pertanto, continua Visco «prendiamone atto: aboliamo l’imposta sui redditi da capitale e la sostituiamo con questo modesto prelievo patrimoniale che in ogni caso si paga col reddito non col patrimonio».
Ecco in che cosa consisterebbe: «Bisogna raddrizzare le curve dell’Irpef e non appiattirle», osserva Visco. «Limitare l’Irpef ai redditi da lavoro e mettere questa imposta sul patrimonio in sostituzione delle imposte sui redditi da capitale. Ma la cosa più importante è che dobbiamo provare a individuare diverse forme di finanziamento del welfare visto che i redditi da lavoro si stanno riducendo: oggi sono al 47% del Pil contro il 65% degli anni Ottanta, quasi venti punti in meno, per cui diventa impossibile finanziare con i soli contributi sul lavoro pensioni e sanità».
È importante, però, che l’opinione pubblica si renda conto dei benefici e dei costi di questa soluzione: «Oggi la soluzione attuale penalizza soprattutto le classi meno abbienti perché tutti pagano un’aliquota del 26% anche su un deposito di poche migliaia di euro. Invece, con l’imposta sul patrimonio chi ha poco sarebbe esentato mentre gli altri pagherebbero in progressione». Secondo Visco «sul piano tecnico l’introduzione della patrimoniale è banale ma dobbiamo vedere se a livello politico si trova la forza di portare avanti una tale misura dal momento che siamo in balìa di governi che da una parte sono molto divisi dall’altra sono incapaci».
Per Maria Cecilia Guerra, sottosegretario al ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) «l’imposta sul reddito è la prima cosa su cui bisogna intervenire». Secondo l’economista «è importante che si faccia una riforma fiscale per ridare ordine a un sistema che ha perso ogni caratteristica per quanto riguarda l’equità: abbiamo redditi diversi tassati in modo assolutamente diverso e senza alcuna logica, abbiamo un sistema pieno di agevolazioni fiscali temporanee, permanenti che cambiano di anno in anno, per cui praticamente ogni soggetto ha una sua specifica imposta». E «se una certa categoria ha un “santo in paradiso” o c’è un parlamentare che propone un’agevolazione, la riceve. Ma non possiamo andare avanti così», ha aggiunto il sottosegretario al Mef. «Per quanto riguarda l’imposta sul reddito ci vuole un sistema omogeneo e ordinato in cui sia ripristinato un sano concetto di progressività: questo perché l’imposta deve essere innanzitutto equa, per non dare un senso di insopportabilità e, poi, non deve distorcere i comportamenti creando differenze non spiegabili fra un tipo di impiego o un tipo di lavoro o un tipo di comportamento o un altro».
Al convegno, tra gli altri, hanno partecipato Marco Lossani, direttore Lam, Tommaso Di Tanno, Fondazione Bruno Visentini, Nicola Rossi, Università di Roma Tor Vergata, Domenico Siniscalco, Morgan Stanley, Guerino Ardizzi, Banca d’Italia, Vincenzo Atella, Sose, Università di Roma Tor Vergata, Andrea Manzitti, Università Bocconi, Ernesto Ruffini, Studio VEF& Associati, Fabrizia La Pecorella, Mef, Rony Hamaui, Università Cattolica.