L’Università Cattolica come spazio di dialogo tra culture e religioni diverse, consapevoli che incontro e dialogo siano le strade migliori per comprendere il mondo che ci circonda. Secondo il prorettore Antonella Sciarrone Alibrandi è il senso profondo dell’evento online ospitato dai canali social dell’Ateneo e promosso dall’Associazione Francesca Duchini, che ha messo a confronto il rabbino capo di Milano Alfonso Arbib, l’imam Yahya Pallavicini, presidente della Coreis, e l’assistente ecclesiastico generale dell'Università Cattolica, il vescovo monsignor Claudio Giuliodori.
I rappresentanti delle tre grandi religioni monoteiste hanno discusso di “Etica, economia e globalizzazione al tempo del Coronavirus: religioni in dialogo”, nell’ambito dell’iniziativa Oeconomicae et pecuniarie questiones, il percorso di laboratori promossi dall’Ateneo per riflettere, insieme agli studenti, sul documento di Papa Francesco sull’economia e la finanza, come ha ricordato la preside di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative Elena Beccalli.
Dopo l’introduzione del professor Sebastiano Nerozzi e del giornalista Piergiorgio Acquaviva, il rabbino capo Alfonso Arbib si è detto scettico sull’idea che dopo il Coronavirus nulla sarà più come prima. «Nella situazione di crisi - ha fatto notare - i poveri diventano sempre più poveri». Per questo serve un doppio tipo di intervento per correggere la situazione, espresso dal concetto ebraico di Tzedakà. «Serve un intervento collettivo, dello Stato, che deve stabilire che chi ha di più aiuti chi ha di meno, ed è ciò che si chiama solidarietà». C’è poi un intervento di tipo individuale che va al di là del correggere le storture o le ingiustizie «ma cerca di capire quali sono le necessità della persona», perché una situazione come Covid crea una serie di bisogni che vanno oltre quelli economici e richiedono di occuparsi di chi si sente male, anche psicologicamente.
L’iman Yahya Pallavicini ha avanzato la proposta di realizzare un documento condiviso tra le religioni in vista del G20 di ottobre per sollecitare i grandi del mondo a tenere in conto la crisi, le conseguenze per Paesi ricchi e Paesi poveri e il riferimento al bene comune. In riferimento alla pandemia, una risposta per l’Imam potrebbe essere quella di istituire, in questo tempo di Ramadan, un fondo finanziario delle istituzioni e della società islamica per i bisognosi e i poveri nel mondo, non solo musulmani.
Pallavicini ha richiamato anche un’etica islamica nell’economia, da intendersi come una sfida nei confronti della modernità: «In un contesto non più confessionale - ha detto - c’è la necessità di coesistenza tra economia e sistema religioso». Un’economia che non deve essere discriminatoria verso la religione e religioni che modifichino le esigenze nei confronti di una realtà che è cambiata. Anche in campo finanziario, l’imam Pallavicini ha suggerito di non creare un “ghetto alternativo”, ma di creare un collegamento anche interreligioso per proporre insieme prodotti finanziari “etici”, cioè non puramente speculativi, e non destinati a finanziare armamenti e pornografia.
«Nulla sarà più come prima – ha detto monsignor Claudio Giuliodori – speriamo in positivo». L’assistente ecclesiastico generale dell’Ateneo ha messo in evidenza il ruolo delle religioni per superare la pandemia e per risvegliare la coscienza. Il vescovo Giuliodori, tracciando un percorso che da due secoli di Dottrina sociale della Chiesa arriva alle encicliche di Francesco, Evangelii Gaudium e Laudato si’, ha mostrato la visione cristiana dell’economia, della società, della finanza e dell’ambiente. «Tutto è connesso, l’abbiamo visto in maniera tangibile nell’emergenza Coronavirus». Secondo monsignor Giuliodori, le grandi religioni si ritrovano nello stabilire un riverbero nella società umana per respingere tutto ciò che c’è di riduttivo e che porta alla cultura dello scarto. Come ha suggerito Papa Benedetto XVI nella Caritas in veritate c’è bisogno di organizzazioni internazionali capaci di governare la globalizzazione, di cui oggi, in questa fase, c’è particolarmente bisogno. «In questo spirito anche il Coronavirus può essere un’opportunità da non perdere».