di Giorgia Baldino *
La mia "altraestate" è iniziata con un sentimento di curiosità verso un luogo così lontano e sconosciuto, ed è finita con la consapevolezza di aver trovato me stessa, quello che voglio fare nella vita, ma soprattutto di aver trovato la gioia.
L’impatto con un Paese così povero come il Madagascar è stato forte, e guardandosi intorno si capisce ancor più l'enorme lavoro che fanno le suore Nazarene, che ci hanno trattate come loro sorelle. Serbo uno splendido ricordo di queste fantastiche suore mentre ballano e cantano con noi trasportando dolci fatti in casa per salutarci.
All'arrivo all'orfanotrofio si è un po’ disorientati, non ce lo si aspetta così grande e si iniziano a vedere 10, 40, 90 facce nuove che ti vengono incontro dicendo ognuno "je m'appelle ....". Riusciremo mai a ricordarci tutti questi nomi?
Dopo una settimana la risposta è stata affermativa: conoscevo il nome di ognuno di quei musini, riconoscevo le loro voci quando mi chiamavano fuori dalla camera per venire a giocare col loro: «Gioooorgia, andiaaaaamo», e riconoscevo il pianto dei più piccoli quando si svegliavano o quando volevano sporcarmi un po’ con i loro piatti di riso.
Continuerò a stupirmi di come poche suore e dolcissime donne del personale riuscissero a far addormentare 10 bebè e altri 10 bambini dei pre-maternelle tutti insieme, e di come sia riuscita anch’io a mettere a letto tanti bambini uno di fila all'altro, spolverando un repertorio di canzoni che non sapevo neanche di avere. Ricorderò ogni momento passato a ridere di frasi in malgascio di cui non capivo neanche una parola, e la soddisfazione dei bimbi più grandi quando invece ne capivo qualcuna, il loro "bravaaaa" mi faceva sentire davvero soddisfatta, una soddisfazione che nessun esame e nessun traguardo personale può comprare.
Se durante i primi giorni ero un po’ confusa su cosa fare e dove andare, dopo poco mi sono sentita come a casa mia, sapevo gli orari in cui mettere a letto o dar da mangiare ai più piccini, quelli in cui aiutare a preparare i più grandi, o a cercare di insegnare loro un po’ di francese e di italiano facendo delle esilaranti lezioni, per non parlare del corso di italiano accelerato alle suore. E soprattutto sapevo qual era il momento di giocare: sempre!
I bimbi delle elementari e dell'asilo, i monelli più affettuosi che abbia mai conosciuto, mi hanno regalato oltre che a un allenamento degno di una palestra con il loro correre e saltarmi addosso a qualsiasi ora del giorno, una gioia di svegliarmi che non avevo mai provato. Dal "jardaina" pieno di animali, all'orto, all'enorme "terrain", non c'era momento in cui non avessi almeno tre bambini per ogni mano, attaccati alle braccia, alla schiena, che mi tiravano volendo farmi vedere cose che mi sono resa conto di dare troppo per scontate.
Mi hanno insegnato a stupirmi di fronte a un raggio di sole più caldo degli altri, di fronte al colore di un fiore o a una foto, e credetemi, a loro piace proprio tanto farle! Mi ricorderò sempre la loro esaltazione di fronte ai video in cui fanno vedere come sanno cantare “Il coccodrillo come fa”, “La bella lavanderina”, o canzoni malgasce interpretate con un pathos degno dell'Opéra di Parigi.
Dopo questa esperienza sono ancora più sicura di aver scelto il percorso di studi che fa per me e lo finirò nella convinzione di voler lavorare per aiutare questo meraviglioso Paese che è l'Africa, e i meravigliosi bambini di cui porterò nel cuore ogni sorriso.
Veloma Madagascar, ti lascio un pezzetto di cuore
* 23 anni, di Roma, iscritta al secondo anno del corso di laurea magistrale in Scienze politiche per la Cooperazione Internazionale allo Sviluppo, facoltà di Scienze politiche e sociali, sede di Milano