I volti delle vittime sterminate nella shoah sembrano interpellarci con lo sguardo, ma cosa ci comunicano? Le fotografie, esposte fino all’11 febbraio nel corridoio Montini della sede di Brescia dell’Ateneo, per la Giornata della memoria, conservano in quegli occhi un sentimento di gioia e fiducia nel futuro, un futuro che per molti, non è stato realizzabile.
L’obiettivo principale dell’iniziativa è, infatti, illustrare la vita che conducevano le vittime della shoah (chiamata anche porrajmos da rom e sinti) prima della strage. Prendendo in considerazione le categorie di persone sterminate dopo l’arrivo nei campi di concentramento (ebrei, zingari, in particolare i rom, e alcune minoranze, tra cui omosessuali e disabili), le fotografie ritraggono famiglie ebraiche, o singoli componenti di esse, nei luoghi in cui abitavano: per esempio le semplici città dell’Europa occidentale, in cui prima di morire gli ebrei erano integrati e facevano parte della media ed alta borghesia, oppure lo Shtetl, un villaggio nel quale vivono, gli uni accanto agli altri, ebrei e cristiani.
La mostra, curata da Rolando Anni e Paola Pasini dell’Arichivio storico della Resistenza bresciana e dell’Età contemporanea, inserisce accanto ai volti dei perseguitati, quelli dei persecutori, che non appaiono ancora con le stigmate dei malvagi. Un modo per rappresentare la complessità dell’universo concentrazionario.
Un percorso che fa riflettere nei giorni dedicati alla memoria dell’Olocausto. Ma che deve andare anche oltre. Nella Biblioteca “Padre O. Marcolini” diretta da Gabriele Signorini e la sezione degli Archivi Storici dell’ Università Cattolica del Sacro Cuore affidata a Pierangelo Goffi si possono trovare inoltre fonti su quel periodo storico.
Tra le altre cose si possono trovare alcuni film antisemiti del regime nazista, utilizzati come strumento di propaganda antiebraica, attraverso i quali si elogiavano le caratteristiche della “razza pura”, quella ariana. Le tre pellicole che riscossero un maggiore successo furono quelli ordinati da Goebbels prima dell’inizio della guerra e sono Die Rothschilds (I Rothschild), Jud Süss (Süss l’ebreo) e Der ewige Jude (L’ebreo eterno). Non mancano, infine, alcune pubblicazioni antisemite italiane, come la rivista “La difesa della razza”, pubblicata con cadenza quindicinale dal 5 agosto 1938 al 20 giugno 1943 sotto gli auspici del Ministero della Cultura popolare. Materiali che aiutano a fare memoria perché tempi come quelli non tornino più.