Tutti con il naso all’insù, perché “A Brescia oggi si vola!”: questo il titolo della terza giornata di studio di storia aeronautica che si è tenuta lo scorso 16 marzo nella Sala della Gloria della Cattolica di Brescia in occasione del centenario dell’Aeronautica Italiana. Il convegno, dedicato alle cronache e ai personaggi del Circuito Aereo Internazionale del 1909 e dell’aviazione in terra bresciana, è il primo evento organizzato dal Comitato Nazionale per le Celebrazioni del Centenario dell’Aeronautica italiana, voluto dal Ministero per i Beni e le attività culturali. Numerosi i relatori presenti: Massimo Ferrari, ideatore dell’evento e docente di Storia del giornalismo della Cattolica di Brescia, Greogory Alegi, docente universitario e storico del volo, Paolo Varriale, storico del volo e giornalista, Franco Ragni, storico del volo, Mariateresa Zanola, docente di lingua e linguistica francese in Cattolica, Giordano Bruno Guerri, presidente del Vittoriale, Gianluca Gallinari, giornalista e storico, Francesco Vestito, colonnello pilota, e Flavio Mucia, giornalista e storico aeronautico.
Dopo i saluti del direttore del Dipartimento di scienze storiche e filologiche Mario Taccolini e del presidente del Comitato Riccardo Bertollini, il convegno si è aperto con una ricostruzione storica da parte del direttore del dipartimento di storia moderna e contemporanea della Cattolica di Milano Robertino Ghiringhelli: «Nei primi del Novecento, l’aereo entrò nell’immaginario collettivo, la folla accorse ai campi di volo e i piloti diventarono pionieri e collaudatori di una conquista tecnica straordinaria. L’impresa aviatoria, quindi, non fu solo un fenomeno industriale e tecnologico: essa fu soprattutto un’esperienza culturale che segnò fortemente ognuno di noi. Una delle date determinanti per l’Italia fu il 1909, anno in cui si svolse infatti il Primo Circuito Aereo Internazionale di Brescia, ovvero una grande competizione aerea che si tenne a Montichiari dall’8 al 20 settembre, circa un mese dopo il Circuito di Reims, battesimo dell’aviazione in Europa. Il circuito bresciano è considerato un evento catalizzatore della scena aviatoria europea: la manifestazione, oltre ad attirare l’attenzione di molti piloti e amanti del volo, conquistò anche il mondo dell’informazione, in espansione grazie all’uso della rotativa e della Linotype».
Gli ideatori della manifestazione - ha spiegato Massimo Ferrari - incoraggiarono energicamente l’iniziativa cogliendone appieno il valore mediatico, nella convinzione che i giornali avrebbero dato grande notorietà alle manifestazioni aeree. In questo periodo, basilare fu anche il ruolo della stampa aeronautica specializzata: ad esempio la rivista francese Aèrophile, bollettino ufficiale dell’aeroclub transalpino, ebbe un ruolo determinante nel divulgare notizie relative ai progressi compiuti in America dai fratelli Wright con i loro biplani. Inoltre, alcune informazioni raccolte dalla stampa aiutarono i pionieri a superare problemi tecnici che limitavano l’attività delle loro macchine. «La novità dell’evento, la curiosità suscitata dal volo di aerei e di dirigibili e la fama dei partecipanti - ha continuato Ferrari - richiamò cronisti e commentatori illustri come Luigi Barzini e Ugo Ojetti del Corriere della Sera, Tullio Morgagni della Gazzetta dello Sport, Gerolamo Barione della Stampa e Pio Schietti, direttore del Resto del Carlino di Bologna. Tra le agenzie attente ai progressi del volo, l’italiana Stefani e l’americana Associated Press. Un ruolo di primo piano venne svolto anche da periodici come il Bollettino del Touring Club, La Domenica del Corriere e L’Illustrazione Italiana». La conferma più incisiva del valore mediatico della manifestazione è legata alla presenza di Franz Kafka e Max Brod, in vacanza a Riva del Garda: raggiunti dalla notizia tramite un giornale locale, decisero di andare a Montichiari a seguire l’evento: il Circuito poteva essere fonte d’ispirazione per scrivere un pezzo, il che avvenne per Kafka con la pubblicazione di un articolo pubblicato sul Deutsche Zeitung Bohemia.
Secondo Gregory Alegi, Brescia fu coraggiosa nel decidere di avviare il Circuito, approvato il 12 dicembre 1908 dal consiglio comunale di Brescia «da tenersi nel 1909 con premi di 50.000 lire». In Italia le premesse non erano entusiasmanti ma il Circuito si inserì in un frizzante contesto culturale: per esempio i più grandi letterati del tempo, tra cui Salgari, Pascoli, Buzzi e Robida, si interessarono al tema, che provocò anche numerosi dibattiti militari e la nascita di diverse associazioni. Nel 1908 il volo era esibizione, il pubblico era curioso e per vedere lo spettacolo doveva pagare il biglietto. Nel 1908 - ha proseguito Alegi - il volo era sport fatto di sfide e premi, ma era anche industria. Il Circuito di Brescia del 1909 costituì un traguardo ma anche un punto di partenza: aumentò la stampa specializzata, e anche la letteratura - con D’Annunzio (Forse che sì, forse che no, ritratto nella foto qui a lato alla destra di Glenn Curtis) e con Martinetti (Il monoplano del Papa) - si ispirò sempre di più al tema. Nacque Malpensa e Chavez tentò la traversata delle Alpi, mentre nel 1910 nacquero diverse scuole di volo, tra le quali quelle di Centocelle (Roma) e La Comina (Pordenone). Aumentò il numero dei piloti: se nel 1909 c’era solo Caldarara, nel 1910 i piloti salirono a 30 (tra cui 25 italiani) e nel 1911 furono ben 67, tra cui 53 italiani».
La gente, convinta che con lo sviluppo tecnologico fosse nata una nuova età dell’oro, godette di un momento storico incredibile in cui il futuro non poteva spaventare nessuno. E il futuro, rappresentato anche dalla conquista dei cieli, era a Brescia: furono quindi numerosi i piloti che parteciparono con entusiasmo a quest’avventura. «I piloti presenti nel 1909 a Brescia - ha spiegato Paolo Variale -, erano uomini diversi fra loro per età, nazionalità, esperienze e formazione. L’unico elemento che avevano in comune era una bruciante passione per il volo. Tra i più importanti possiamo ricordare Henri Rouger, Umberto Alessandro Cagno, Mario Cobianchi, Gabriel Voisin. Qualcuno, come Mario Calderara, con l’esperienza bresciana coronò un sogno di gioventù; altri arrivarono a Brescia con un solido passato industriale, come Glenn Curtiss; alcuni, come Guido Moncher e Leonino da Zara, dopo Brescia abbandonarono definitivamente il mondo dell’aviazione. Altri, come Aristide Faccioli e Henry de la Vaulx, trovarono la morte proprio in volo.