Nell’ambiente dell’Onu è noto come Segretario generale aggiunto per gli affari sinistri. In gergo meno tecnico, significa che Antonio Maria Costa è il responsabile per gli affari di droga, terrorismo criminalità internazionale e direttore dell'Unodc, carica che ricopre dal 2002. «Non sono certo argomenti di cui si parla volentieri a cena con gli amici», afferma ironico il professore. Dal suo ufficio, a Vienna, a volte si ritrova a fare il don Chisciotte moderno, lasciato un po’ solo dai colleghi accademici e dai funzionari del Palazzo di vetro newyorkese. Per la sua lotta, chiede alla società civile di stringersi in un’alleanza: «Droghe, crimine e terrorismo sono minacce all’umanità: troppo complesse, troppo culturali, troppo interconnesse, in breve troppo importanti per essere lasciate ai soli governi, oberati da spese, priorità e pressioni politiche». Quella del professor Costa è una vocazione: «Ho compiuto questa scelta di vita dopo aver studiato per 35 anni. Per carattere non sono abituato a negare la realtà, perciò mi misuro con la parte più oscura dell’uomo». Lo scorso 15 dicembre il funzionario ha tenuto una lectio magistralis in occasione del conferimento del premio internazionale “Francesco Vito”. Per spiegare il suo mestiere all’uditorio, composto in massima parte da studenti, Antonio Costa sceglie di raccontare nove storie: tre di lupi, tre di agnelli e tre di pastori: un viaggio attraverso gli orrori e virtù del XXI secolo. Tra le tante storie di lupi, anzi, di sciacalli, quella di Joseph Kony è una delle più indicative.
Kony è il generale in capo dell’Lra, l’esercito del Signore, che impazza tra le regioni del sud Sudan e del nord Uganda, lasciandosi alle spalle morte e distruzione. James, un ragazzo di 14 anni che militava nell’esercito, è una delle vittime. «A 9 anni fu costretto – racconta Costa - a mordere a morte il fratello, colto a fuggire dal campo dei ribelli». Anche per Evelyn, protagonista di una delle storie di agnelli, Kony è stato portatore di morte. Quando aveva 12 anni, gli uomini di Kony la rapirono e la trasformarono nella schiava sessuale dell’armata. Oggi ha 16 anni e quando ride nasconde il viso, deturpato da un’esplosione. È riuscita a fuggire e tornare al suo villaggio, ma ha perso la madre e la sorella, avvelenate da una vicina di casa perché colpevoli di non aver scacciato Evelyn dal villaggio. Di solito, infatti, chi fugge dalla violenza dei guerriglieri del Signore è considerato un appestato e un reietto, perciò va esiliato. Sullo schermo scorrono le immagini che danno un volto e un corpo ai protagonisti di queste storie. I media occidentali sono abituati ad avvolgere in un alone mitico ed esotico questi luoghi, che, al contrario, «non sono poi così distanti da noi», afferma Costa. Tanto che l’Italia è uno degli snodi fondamentali del traffico di droga, nonché la culla della mafia e della camorra. Poi ricorda che il dovere di raccontare senza censure, come ha fatto Madame Els De Temmerman, una delle protagoniste delle storie di pastori. «Madame Els - racconta Costa - ha fondato il Centro di riabilitazione Rachele, a Lyra nel nord dell’Uganda, dove alcune migliaia di ex-bambini e bambine soldato sono aiutati a reintegrarsi». È stata la prima a svelare ciò che è successo in questi anni in Uganda, ma sono ancora troppo pochi i giornalisti che seguono il suo esempio.
Il lavoro del Direttore dell'Unodc aggiunto consiste nel rimettere a posto le tesserine del puzzle fino a delineare i tratti di un’umanità oscura, esistente ma spesso negata. Quest’immagine va interpretata e compresa, per poi trovare i modi per trasformarla. «Il mio più grande fallimento – confessa – è non essere riuscito ancora a capire il fenomeno della criminalità nel suo complesso». Il professore ormai si sente in trincea: «Il mondo criminale è ben organizzato, florido e ben armato. Noi siamo pochi, con risorse esigue e non ancora organizzati abbastanza. Ma ce la faremo». A testimoniare come il fenomeno abbia ormai un profilo mondiale, cita dati sconcertanti: «All’Unodc, l’Ufficio delle Nazioni Unite contro droga e crimine, abbiamo stimato il mercato mondiale della droga vale 320 miliardi di dollari l’anno. La dimensione economica del traffico di armi è pressappoco analoga. Il reddito generato dalla corruzione è ancora maggiore. Il costo del terrorismo è valutato annualmente in centinaia di miliardi».
Se «il settore pubblico, è indebitato nelle finanze e onerato di responsabilità a volte contraddittorie», continua Costa, allora è la società civile nei suoi individui a dover reagire e diventare protagonista di questa lotta. Le controparti addizionali naturali sono il volontariato, le istituzioni religiose, il settore privato, i mezzi di informazione e il mondo accademico. È in questa circostanza che l’individuo diventa cives, cittadino attivo nella società. E il direttore dell'Unode affida il messaggio a Sant’Agostino: «La carità non è un sostituto della giustizia negata. La giustizia non supplisce la carità rifiutata». Sono tre le linee guida per lo sviluppo della società: una ferrea amministrazione della giustizia terrena (logos) dipende dalla buona volontà individuale (ethos). Ma giustizia e compassione (ethos e logos) sono complementari. Fin qui i buoni propositi cristiani sulla carta. Ma la realtà, che il Segretario generale aggiunto non nega nemmeno in questo caso, è ben più cruda: «I vostri telefoni cellulari contengono minerali come il coltan e la cassirite, sminati da schiavi bambini, il cui commercio arricchisce i signori della guerra in Congo. Forse non c’è una singola cosa che possedete, indossate, usate, mangiate, bevete, o sniffate che non sia stata contaminata dal sangue, dalle lacrime e dal sudore degli agnelli». Bisogna fare delle scelte di campo, decidere di stare con gli agnelli. Il problema, nel mondo globalizzato, è capire chi sono.
Ampi stralci della lezione magistrale di Antonio Maria Costa ( KB)