I nuovi farmaci contro l'epatite C stanno arrivando anche in Italia. Una notizia fondamentale per milioni di persone affette da questa malattia. I nuovi farmaci, due antivirali che bloccano la moltiplicazione del virus, miglioreranno di molto il tasso di sopravvivenza dei pazienti determinandone la guarigione nel 70% dei casi. Già entrati in uso clinico in molti Paesi europei tra cui Spagna, Gran Bretagna, Germania e Francia, i farmaci dovrebbero arrivare nel nostro Paese verso la fine del mese di maggio.
E sono state proprio le potenzialità di questi nuovi antivirali stato il tema di discussione principale della seconda edizione del Workshop Nazionale di Economia e Farmaci in Epatologia WEF-E 2012, promosso dai docenti dell'Università Cattolica di Roma Antonio Gasbarrini (Gastroenterologia) e Americo Cicchetti (Organizzazione aziendale).
«La vera forza di questi nuovi farmaci è di eradicare il virus da HCV con lo scopo di bloccare la storia naturale della malattia – ha spiegato Gasbarrini - riducendo il numero di cirrosi ed epatocarcinomi e di tutti i costi indiretti determinati da queste malattie».
I nuovi farmaci anti-HCV, approvati dall’FDA nel maggio 2011 e poi dall’EMA, i nuovi farmaci sono due agenti antivirali diretti (direct antiviral agents - DAA) specifici per il virus dell’epatite C. Il loro meccanismo d’azione è dunque molto diverso da quello dei farmaci che costituiscono, ad oggi, l’unica terapia disponibile contro HCV (interferone e ribavirina). I due antivirali, telaprevir e boceprevir, hanno un’azione diretta proprio sulla replicazione (moltiplicazione) del virus nell’organismo del paziente, mediante l’inibizione di alcune proteine virali.
«I nuovi trattamenti – ha spiegato Ivan Gardini, presidente associazione EpaC Onlus - consentiranno di bloccare l'evoluzione della malattia in un numero sempre più elevato di pazienti. La naturale e già documentata conseguenza è l’abbattimento dei costi di gestione e di ospedalizzazione di una patologia cronica come l’epatite e delle sue temibili complicanze (cirrosi, tumore e trapianto), nonché un deciso incremento di qualità e quantità di vita per il paziente e il suo nucleo familiare. Inoltre, per quei pazienti più a rischio di altri, le nuove molecole rappresentano l’unica opzione terapeutica in grado di salvare loro la vita e ci aspettiamo il sostegno di tutti per agevolare questo gruppo all’accesso immediato ai nuovi trattamenti. Il desiderio dell’associazione – ha concluso Gardini - è che siano trovate le risorse per curare tutti i pazienti, creando una parità di accesso al trattamento, al netto della discrezionalità del medico, ovvero nel rispetto delle scelte mediche operate dal professionista».
Per i pazienti più a rischio, questi farmaci possono fare la differenza tra vivere o morire. Questo aspetto è di sostanziale importanza anche in considerazione dei costi di gestione delle malattie epatiche, che incrementano in modo esponenziale con l'aggravarsi della patologia. Infatti, come ha ricordato Giampiero Carosi, docente di Clinica delle malattie infettive e tropicali dell'Università di Brescia, con la terapia standard attuale (PEG-interferone + Ribavirina) si ottiene il 70-80% di eradicazione di HCV genotipi 2 e 3 (le forme di infezione più facilmente trattabili) e il 40% di HCV genotipo 1 (il più difficile da trattare). L’avvento dei nuovi farmaci antivirali diretti (DAA) attivi sul genotipo 1 consente di elevare questa percentuale di guarigione al 65-75%.
«Questo rappresenta una vera rivoluzione nell’ambito della terapia dell’HCV - ha spiegato - in quanto eleverà di molto le possibilità di eradicazione del virus, anche se dovremo valutare l’impatto degli aumentati effetti collaterali Si tratta ora di valutarne la tossicità nell’impiego nella pratica clinica e il rapporto costo-efficacia, spiega il virologo, anche perché per ora i DAA di prima generazione (boceprevir, telapravir) dovranno essere impiegati insieme a interferone e ribavirina. Tuttavia esiste un programma di sviluppo di questi farmaci per cui si prevede che intorno al 2015 nuovi antivirali di terza generazione potranno essere impiegati da soli escludendo l’uso di interferone e ribavirina».
In occasione del workshop Matteo Ruggeri, docente di Economia Sanitaria dell’ateneo ha presentato un modello farmacoeconomico sviluppato per capire l’impatto dell’arrivo dei nuovi farmaci sia in termini di salute sia in termini economici. Il modello si basa su un gruppo ipotetico di 14.000 pazienti con infezione da HCV, sottoposti alla triplice terapia con uno dei due nuovi antivirali - Boceprevir o Telaprevir - dato in associazione alla terapia tradizionale (Boceprevir o Telaprevir + PEG-interferone + Ribavirina), e ne stima i costi aggiuntivi e gli anni di vita guadagnati da questi pazienti “virtuali”. Rispetto ad oggi (156 milioni di euro l’anno di spesa per la cura dell’epatite C in Italia), l’introduzione delle nuove terapie costerebbe fra i 236 e i 434 milioni di euro in più (a seconda del tipo di pazienti cui vengono somministrati e del prezzo dei nuovi farmaci, ancora da definire). Il modello ha evidenziato che il rapporto costo-efficacia delle terapie rientra nelle soglie adottate da molte agenzie internazionali, nell’analisi effettuata nel lungo periodo (30 anni).
Raffaele Bruno, docente dell’Università di Pavia e Segretario dell’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (AISF), durante la presentazione della sua relazione “Epidemiologia nazionale e regionale da HCV e il ruolo delle Società Scientifiche nel supportare i Policy Maker”, ha presentato il documento AISF “Parere dell’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (AISF) sull’uso della triplice-terapia (Peg-IFN + Ribavirina + inibitore della proteasi di prima generazione) per il trattamento dei pazienti con epatite cronica da HCV genotipo 1”. Un testo che ha come scopo quello di migliorare l’appropriatezza d’uso dei farmaci senza implicare un aumento della spesa farmaceutica, un esempio tangibile di come un'associazione scientifica può aiutare i decision maker a prendere delle decisioni per la razionalizzazione e il risparmio della spesa farmaceutica. Inoltre il documento auspica la creazione di un database/registro che contenga le informazioni sui pazienti trattati con i nuovi farmaci anti-HCV. L’elaborazione di tali dati potrà essere utile per valutare l’impatto (outcome) dell’uso dei farmaci (ad esempio la percentuale di pazienti guariti) ed effettuare le opportune valutazioni farmacoeconomiche.
«L’esperienza WEF-E, giunta ormai al suo secondo anno, dimostra l’utilità di tavoli che riuniscano decisori, ricercatori di varia provenienza ed estrazione ed altri attori come le associazioni dei pazienti, i rappresentanti dei cittadini e le industrie del farmaco – ha concluso Cicchetti - per discutere il valore reale dell’innovazione in sanità, utilizzando cosi un approccio del tutto coerente con l’Health Technology Assessment».