«Ricercatori, medici, esponenti della cultura e anche mondo militare. Sono le grandi risorse di cui il Paese dispone e che vengono oggi ignorati dall'Italia della politica». A dirlo è il presidente Fiat e Ferrari Luca Cordero di Montezemolo, ospite dell’incontro "Anticorpi contro il declino: l’Italia che verrà", promosso lo scorso 20 novembre dalla facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica di Roma. Era il secondo appuntamento, dopo l’intervista pubblica al ministro Renato Brunetta di ottobre, del ciclo di incontri intitolato “Nel cuore della realtà”. Conversazioni in Cattolica, ideato dalla facoltà con l’intento di promuovere occasioni di confronto e dibattito, che offrono la possibilità di cogliere le trasformazioni più profonde della società in cui viviamo.
A discutere con l’avvocato Montezemolo, presidente della Fondazione Italia Futura, nell’Aula Brasca del Policlinico Gemelli affollata da medici e studenti, Vincenzo Cesareo, docente di sociologia alla facoltà di Scienze politiche dell'Università Cattolica di Milano, e il vicedirettore ed editorialista del quotidiano “La Repubblica” Massimo Giannini. L’incontro è stato aperto dal saluto del rettore dell’Università Cattolica Lorenzo Ornaghi, e introdotto dal direttore dell’Istituto di Igiene Walter Ricciardi.
«La domanda che dobbiamo porci è come la classe dirigente, formata da medici, docenti e ricercatori, come voi, ma anche da esponenti della cultura e del mondo militare, possa sopportare il divario sempre più forte tra questa Italia dei talenti e le stanze della politica che danno, obiettivamente, un quadro deprimente se non allarmante ai cittadini, che facendo ogni giorno il loro mestiere, si sentono sempre più umiliati. Se guardiamo al mondo della politica nel suo complesso, che rappresenta l'azienda numero uno per addetti, viene da riflettere sul fatto che oggi c’è il rigetto totale nei suoi confronti».
Espressioni forti, quelle di Montezemolo, quasi introdotte dall’indirizzo di saluto ai partecipanti dal Rettore Ornaghi: «Anticorpi contro il declino è un bel titolo, è un tema stringente. Ci si domanda cosa noi possiamo fare per l'Italia che verrà. Voglio qui citare S. Agostino quando, rispondendo alle accuse mosse verso i cristiani di aver corrotto l'Impero romano fino a farlo cadere, aveva risposto che l'Impero era caduto per il declino morale. Ora, la domanda che ci poniamo è: quali anticorpi ci sono rispetto al declino e come dobbiamo reagire?». Anche l’igienista della Cattolica Walter Ricciardi è partito da un interrogativo: «L’Italia è un paese in declino? Difficile valutare un paese così complesso dal punto di vista geografico, economico e sociale», ha detto. «In un mondo che cambia vorticosamente - ha proseguito - il dubbio che dobbiamo porci è come sarà l’Italia tra cinque anni? Reggerà la competizione con i maggiori Paesi europei e mondiali? Alcuni segnali ci inducono alla preoccupazione. I recenti dati Ocse dicono che la Tunisia ha superato l’Italia nella percentuale di Pil destinato alla ricerca. Altro dato preoccupante sono i giovani. Non c’è più quella mobilità sociale che esisteva negli anni ‘60 e ‘70. Per esempio, il 44 per cento dei laureati in medicina del Sud del nostro Paese, si trasferisce a lavorare al Nord; il 50 per cento degli ingegneri, il 60 per cento degli architetti. Alla luce di questi dati dobbiamo attivarci per generare in qualche modo anticorpi».
Ha provato a rispondere il presidente di Italia Futura: «Bisogna riportare concretamente al centro del dibattito politico e sociale il tema della meritocrazia, partendo dalla base della società - ha affermato Montezemolo -. «Per questo la prossima iniziativa di Italia Futura sarà dedicata alla scuola. Più precisamente sarà incentrata sui maestri e le maestre, le vere “levatrici d’Italia”. Alcuni aspetti della riforma Gelmini vanno nella direzione giusta». Ma il problema numero uno dell’Italia, ha sottolineato Montezemolo, resta la crescita economica. «Già prima dello tsunami della crisi globale - ha detto - il nostro Paese era quello che cresceva di meno in Europa. Dobbiamo recuperare in fretta perché con la crescita si risolvono i problemi, si guadagnano risorse che poi si possono utilizzare». Certo, ha sottolineato il Presidente Fiat, «noi abbiamo un 30% di economia sommersa, che sfugge alle analisi e ai numeri ufficiali e che secondo alcuni rende il quadro economico meno drammatico; questo però non è ammissibile, perché vuol dire evasione, concorrenza sleale e corruzione, in aumento soprattutto a livello locale. È un dato preoccupante».
La crisi che ha investito l'economia e la finanza a livello globale ha come paradigma una scarsa progettualità individuale e politica, ha commentato il professor Cesareo, secondo il quale va riconsiderata la questione culturale nel nostro Paese. «La crisi che abbiamo vissuto e che viviamo non è solo economica, ma è anche crisi sociale e culturale. Una crisi a più dimensioni e che, per la prima volta, ha una dimensione davvero planetaria. Ci siamo impauriti, in passato, di fronte alla globalizzazione, non abbiamo cercato di gestirla e ci è scappata di mano». Per Cesareo, è da tenere presente un'altra dimensione: quella dei valori. «Dobbiamo chiederci cosa stiamo dando ai giovani per consentire loro di progettare il futuro che hanno difficoltà a guardare o addirittura rimuovono perché ne provano paura. Dobbiamo perciò mettere in agenda un impegno forte nell'educazione, che non può limitarsi agli slogan. I giovani non hanno modelli di riferimento che possono essere utilizzati per educare alla meritocrazia e alla solidarietà». Sono queste le ragioni per le quali - ha concluso il sociologo - se negli anni '50 si ragionava secondo piani di sviluppo, poi si è passati a ragionare secondo modelli di sviluppo, infine per scenari futuri. «Oggi è addirittura difficile anche solo immaginare questi scenari: si è passati dalle certezze, magari errate, a qualcosa che man mano si è ridotto nella sua realizzazione e oggi il futuro ci fa paura».