Mancano sei mesi all’uscita di Un anno da ricordare, ma mercoledì 1° dicembre Randall Wallace, regista e sceneggiatore del film, ne ha mostrato in anteprima un estratto agli studenti del master in Scrittura e produzione per la fiction e per il cinema dell’Università Cattolica di Milano. In occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico, Wallace ha raccontato dalla cattedra la sua parabola. Nato nel Tennessee, ex studente di teologia presso la Duke University di Durham, in North Carolina, lo sceneggiatore è giunto per la prima volta agli onori di Hollywood nel 1995 con il film Braveheart.
«Sono uno di voi – ha detto –. Ho cominciato senza soldi, vivevo in una soffitta sopra un garage, ma lavoravo duro. Ho ottenuto un incarico come produttore in una televisione canadese, e dopo quattro anni avevo una famiglia, una casa e due macchine. Poi, la società per cui lavoravo è fallita e mi sono trovato, di nuovo, in ginocchio. Non trovavo lavoro, non trovavo nemmeno un appuntamento per discutere di un progetto».
È proprio in questo periodo di difficoltà che Wallace ha concepito la sceneggiatura di Braveheart: «L’ho riscritto dodici volte prima di proporlo. Ovviamente a chi lo mostravo dicevo che era la prima bozza. Mio padre – racconta - alla stessa età aveva perso il lavoro. Gli venne un esaurimento nervoso, tanto che io e mia sorella andammo a vivere in campagna da dei parenti. Avevo paura di fare la sua stessa fine. Ho pregato, ho chiesto a Dio di risparmiare ai miei figli quell’esperienza. In quel momento ho capito che la situazione in cui mi trovavo, la mia stessa paura, erano un dono. Avevo l’occasione di mostrare ai miei figli come comportarsi quando ci si trova a terra. E ho iniziato a scrivere. Scrivere quello in cui credevo».
Oggi Wallace ha alle spalle diversi successi: La maschera di ferro e We were soldiers, per i quali si è occupato sia della sceneggiatura che della regia, e Pearl Harbor, di cui è stato autore. Agli studenti consiglia di non preoccuparsi delle probabilità di successo: «A Hollywood sono arrivato a quarant’anni. E ho scritto un sacco di cose orribili. Non ci sono strategie che voi possiate seguire. Dovete però credere in quello che fate, e non avere paura di sbagliare. Non dovete scrivere avendo in mente il pubblico, ma avendo in mente Dio. O ciò che voi credete abbia creato l’uomo. A essere orgogliosi di una sceneggiatura dovete essere innanzitutto voi stessi».