di Marianna Mancini e Lorenzo Cultrera
Ambrogio e Agostino, conoscersi per riconoscersi. Il monologo dell’attore Giacomo Poretti, andato in scena il 9 dicembre al Piccolo Teatro Melato di Milano, mette a confronto due santi che gettarono le basi della prima chiesa cristiana e che si incontrarono realmente, l’uno proveniente da Occidente, l’altro da Oriente. E non a caso è intervenuta nello spettacolo una studentessa di Economia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Omenea Zaid, che ha raccontato la sua storia, ulteriore esempio di come la città di Milano sappia accogliere e integrare chi vi arriva.
Omenea ha lasciato l’Egitto ancora bambina, raggiungendo, insieme alla madre e al fratello, il padre arrivato in Italia qualche anno prima. «Potrei chiedere a chiunque che cosa significhi essere italiana e ognuno darebbe un’interpretazione diversa. Mi sento italiana nello stesso modo in cui mi sento egiziana. Sono riuscita a trovare un punto di incontro tra le due culture», racconta Omenea, indicando nella sua stessa personalità l’unione di due Paesi bagnati dal mar Mediterraneo.
«So parlare benissimo l’italiano ma se mi guardi non penseresti mai che io sia italiana. Porto il turbante e ho un colore più scuro di pelle. Appena apro bocca però ti viene da dire che sono italiana, anzi milanese. Faccio le stesse cose che fanno tutti i miei amici italiani. Quando esco la sera non bevo e non mangio carne di maiale, ma mi diverto allo stesso modo».
Omenea ricorda il momento in cui il padre, commosso, ricevette la cittadinanza italiana: «Aveva ottenuto il suo traguardo. Io sto scoprendo, vivendo, cosa voglia dire essere italiani». Riconoscendo all’Italia una grande capacità di accoglienza, Omenea non dimentica tuttavia di aver subito episodi di razzismo, dei quali ora parla senza timore. Aggiunge però di essere sempre stata accettata dai suoi coetanei, sentendosi non uguale a loro ma «un’altra faccia della stessa medaglia».
Omenea durante lo spettacolo ha dialogato con un ragazzo cinese, Zhupeng Zhou. «Riuscire a integrarci in poco tempo l’un con l’altro per rendere lo spettacolo migliore possibile è stata una sfida. So che lui sta facendo un percorso di studio molto bello e quindi so che è un ragazzo davvero in gamba». Entrambi hanno raccontato la loro storia: una vera testimonianza inscritta nel contesto teatrale.
Omenea non torna da molti anni in Egitto, ma è al corrente degli eventi spesso traumatici che hanno visto protagonista il suo Paese d’origine. Sottolinea l’importanza dell’Egitto nel mondo arabo e pensa occorreranno decenni prima che la nazione possa vivere cambiamenti significativi, come in parte sembravano aver promosso le rivoluzioni del 2011. Ambiziosa e costante, Omenea intende proseguire gli studi per diventare commercialista e lavorare nella pubblica amministrazione. Consapevole di aver ricevuto tanto dall’Italia («l’istruzione come prima cosa») desidera aiutare il Paese di cui è cittadina da quando ha 14 anni. «Una cosa che mia madre mi ha sempre insegnato è che se una persona ti dà qualcosa tu devi restituirle sempre il doppio». Omenea lo dice con un generoso sorriso.