Un mese fa, il 4 agosto, Beirut veniva devastata da due terribili esplosioni che hanno cambiato il suo volto per sempre. Papa Francesco ha chiesto per oggi un minuto di silenzio perché “il Libano non può essere abbandonato alla sua solitudine”.
Un appello per un luogo che per oltre 100 anni è stato “un paese di speranza” e “un luogo di tolleranza, di rispetto, di convivenza unico nella regione”, un paese che “rappresenta qualcosa di più di uno Stato: è un messaggio di libertà, un esempio di pluralismo tanto per l’Oriente quanto per l’Occidente. Non possiamo permettere che questo patrimonio vada disperso”.
L’Università Cattolica è amica del Libano da tanti anni e presente con progetti di sostegno attraverso l’Unità di ricerca sulla resilienza (RiRes) del dipartimento di Psicologia dell’Ateneo. Anche per questa emergenza si è attivata una collaborazione, insieme all’Associazione Realmonte, con il Collège Sacre Coeur dei Padri Lasalliani di Beirut oggi parzialmente distrutto (come le altre due scuole, Collège Notre Dame e l'Ecole Saint Vincent de Paul).
Il progetto “Fratelli” è la continuazione di uno di quelli avviati negli anni scorsi e oggi si snoda su due fronti: il sostegno economico al fine di ripristinare le aule e acquistare del materiale didattico durante il mese di settembre per garantire ai bambini un rientro in sicurezza, e un intervento post-emergenza più a lungo termine per supportare psicologicamente gli educatori già impegnati nell'accoglienza di bambini siriani e irakeni profughi. Questa parte del progetto prevede dai primi di ottobre la presenza sul posto di alcuni psicopedagogisti della RiRes.
Cristina Castelli, direttrice di RiRes e vicepresidente dell’Associazione Francesco Realmonte, ha raccontato che l’intervento dell’équipe RiRes, in accordo con le due congregazioni di Padri Lasalliani e Maristi coinvolte nel progetto “Fratelli”, «prevede un sostegno psicologico a distanza sulla gestione delle emozioni e dello stress. Seguendo le linee guida del manuale Tutori di resilienza (Castelli, EDUcatt 2018) daremo indicazioni per lavorare con le famiglie dei 20 bambini rifugiati siriani più problematici. Nei prossimi due mesi riprenderemo i progetti di "Educazione alla Pace e alla Resilienza" di cui oggi si sente particolare bisogno, dato il clima di odio che si vive per le lotte politiche e interreligiose in corso».
L'aiuto alle vittime, infatti, non è solo materiale ma anche e soprattutto psicologico. La deflagrazione si è aggiunta a tutti i problemi del Paese già noti - politici, economici, sociali e religiosi - che gravano sulla situazione dei circa due milioni di rifugiati siriani.
«Sono in contatto con la professoressa Myrna Gannagé, direttrice del dipartimento di Psicologia dell'Università Saint Joseph di Beirut - ha continuato la professoressa - che mi ha raccontato come soprattutto i bambini siriani rifugiati abbiano avuto una ripresa di indicatori post trauma: i disturbi che si caratterizzano per la difficoltà nel controllo delle emozioni, insonnie ed episodi intrusivi si sono riacutizzati e ora si manifestano in modo vivido accompagnati dalla sensazione di "rivivere" i drammi dei bombardamenti subiti in Siria».
L’intervento RiRes è dunque prezioso per il sostegno, attraverso le figure degli educatori, dei bambini che hanno alle spalle vissuti traumatici e che si trovano ora a doverne fronteggiare uno nuovo.