di Diego Tha *
Un anno fa, sala lettura di via Necchi, preso dalla classica sessione d’esame che non ti lascia scampo e ti costringe sui libri giorno dopo giorno. Quell’esame su cui diventi matto ti sembra tutta la tua vita e non sai che fuori c’è altro. L’istinto è di lanciar via il libro. Mi dico: «Me ne devo andare da qui, non accade mai nulla, non si muove praticamente mai niente nel nostro Paese, ce lo ripetiamo sempre, ma non facciamo mai nulla, per un giovane soprattutto in questo momento di possibilità certo ce ne sono davvero poche». Navigo un po’ sul sito Unicatt per ingannare il tempo. E mi trovo davanti il bando Thesis scholarship abroad, programma di tesi all’estero. Compilo il modulo. Lancio i libri per davvero e preparo la valigia all’istante. Partire, forse, vale più di quell’esame. Destinazione? New York.
All’inizio, nulla di nuovo: New York è New York. Ho cercato da subito di approfondire le tematiche più pertinenti al progetto di tesi da me scelto. L’argomento di base era la sfera economica della finanza innovativa ed è per questo che ho scelto la città americana come sfondo su cui costruire la mia ricerca. Ho passato tre mesi pieni a New York frequentando l’università americana tra le prime cinque nei ranking mondiali dei più prestigiosi atenei, la Columbia University of New York, l’università di Obama, istituzione e polo culturale della east cost negli Usa. Consultando i testi e il materiale che ho reperito ho accumulato le informazioni da cui partire per approfondire la tematica delle Ict e internet nel campo del Venture Capital e del Private Equity negli Usa.
Ma il materiale più importante per la tesi l’ho raccolto incontrando le persone: sono venuto a contatto con alcuni professori dell’università che mi hanno appoggiato nella ricerca permettendomi di parlare con manager e partners di fondi di investimento molto importanti nel panorama americano. Mi hanno raccontato il loro mondo, il loro modo di fare business, con disponibilità che in Italia quasi mai mi è stata dedicata se non raramente. Persone con stipendi da 10ml di dollari l’anno, piena di impegni, pronta a spendere due ore, per la passione di un giovane che vuole raccontare qualcosa che in Italia non esiste. Una disciplina nata solo negli anni ‘80 negli Stati Uniti: il Venture Capital nella net economy per intenderci cose come Facebook, Twitter, Amazon, Wikipedia, veri colossi negli Usa. Un fenomeno che in Italia si vede ben poco.
Sono stato invitato da alcuni di questi partner ad assistere ad alcuni eventi che mi permettessero una comprensione del fenomeno più diretta. Ho visto grattacieli interi di fondi d’investimento che sovvenzionano le idee imprenditoriali dei giovani, le più virtuose almeno; società che mettono a disposizione gratuitamente uffici, connessione, materiali, network di conoscenze; e soprattutto consulenti finanziari, di accounting, di marketing, di customer care, con periodici passaggi degli investitori più importanti per valutare la tua idea e il tuo progetto e, se ne vale la pena, fare un contratto di investimento, per aiutarti a farla crescere, in cambio di una quota della tua start up, e permetterti cosi di ingrandire il tuo business, che sia aziendale o consumer. In cambio, il 10% della società in caso di investimento. È stato davvero incredibile il mondo che ho trovato, ho parlato con ragazzi di 20 anni con aziende da 20-30 milioni di dollari, alla loro prima esperienza imprenditoriale, ragazzini con la cresta tirata su, con aziende internet da 20-30 persone, che mi parlavano di fund raising, o di rastrellare i competitor offrendo cifre per acquisizioni M&A, cose impensabili per noi ragazzi italiani.
Ho incontrato anche alcuni giovanissimi laureati della Cattolica, con un’idea in testa, Mashape, che in Italia hanno girato ovunque per cercare soldi per sovvenzionare le proprie idee e nessuno ovviamente gli ha dato retta. Nella Silicon Valley però hanno trovato investitori pronti a sovvenzionarli e ora possono costruire la loro start up, vanno sui giornali italiani (Corriere, Stampa). Ora i vecchi investitori italiani li contattano perché vorrebbero investire nella loro idea… troppo tardi? Ormai i loro cervelli sono fuggiti in America.
Pensavo di fare la classica esperienza tipo Erasmus, ma per nulla è stato cosi: ho imparato tantissimo in tre mesi: lì le cose erano reali, accadevano per davvero, non si leggevano sul libro, ma si toccavano in prima persona. Persone con 40 anni di esperienza pronte a parlare con te, a chiederti perché sei li e a darti una mano, o attraverso interviste ed esperienze, che ho registrato e usato come materiale inserito nel progetto di tesi per la mia prova finale. Insomma un mondo diverso, molto distante dal nostro.
Qualche società, come Deloitte, mi ha chiesto di fare colloqui, una società di consulenza internazionale, che nel campo Ict è molto conosciuta, ha preso un palazzo intero a Wall Street. «Vado a lasciare il curricula? – mi sono detto -. Non si sa mai». Mi hanno richiamato per un colloquio, un unico colloquio per decidere se vali e se vuoi entrare nel team, altro che i venti colloqui sostenuti qui a Milano, i colloqui si gruppo in cui non capisci mai bene n base a cosa ti prendono o ti scartano… Ho trovato di fronte a me persone disponibili pronte a scendere in campo per sostenere la passione nel lavoro di un giovane, caratteristica quasi inesistente in Italia. E, soprattutto, ho trovato di fronte a me un nuovo modo di pensare, decisamente più aperto alle nuove possibilità verso i giovani.
Al di là del materiale e del mio progetto di tesi, che credo di pubblicare al termine del mio lavoro, come mi hanno suggerito alcuni professori sia italiani che stranieri, la cosa che maggiormente mi ha segnato è stato l’incontro con persone che mi hanno svelato un nuovo modo di pensare e di approcciarmi alle cose e al lavoro. Faccio mio, allora, il consiglio che Steve Jobs, nel suo citatissimo discorso alla Stanford University, ha dato ai giovani: “Be foolish, be hungry”, siate folli, siate affamati. È il modo con cui la nostra generazione può alzare la testa in un momento difficile.
* 25 anni, milanese, laurea triennale in Economia, indirizzo finanza e mercati finanziari, studente del secondo anno della laurea specialistica in Management per l’impresa, facoltà di Economia