Stabilire un ponte tra mondo accademico e produttivo, permettere al giovane di “nuotare” nel cuore dei processi organizzativi e di sviluppare un apprendimento per “contaminazione”. Sono alcune delle caratteristiche che fanno dello stage un trampolino di lancio verso il mondo del lavoro, soprattutto nell’ambito dell’esperienza altamente qualificante del master. Ne è convinta Elena Panzera, che dal 2009 è Hr Director Sas, una multinazionale che accoglie moltissimi stagisti e ne “alleva” anche per aziende terze.

«La scelta del master è oggi una scelta cruciale per indirizzare il proprio percorso professionale» afferma la Psicologa del lavoro e delle organizzazioni, laureata in Università Cattolica. «Molte volte la scelta si rileva vincente se lo stage, elemento a mio avviso centrale, è di valore nella valutazione dell’esperienza da parte del candidato e dell’azienda ospitante. «L’azienda sceglie di ospitare stagisti per avere “linfa vitale” per la propria crescita, per stabilire un ponte tra mondo accademico e produttivo, per formare futuri collaboratori grazie alla partnership con Università di cui si conoscono valori, approcci e figure chiave di riferimento con cui poter approntare un progetto formativo comune».

Apprendere in un contesto di tipo professionale, e non accademico, facilita l’acquisizione di nuove conoscenze e skills. Come si realizza questo in ambito aziendale? «Nella mia esperienza in azienda lo stage è davvero ricco se il giovane viene fatto “nuotare” da subito nel cuore dei processi organizzativi e se gli viene dato accesso alla conoscenza di come si svolge la vita dell’organizzazione. La figura del tutor come “facilitatore” e rete è centrale per poter vivere l’azienda da spettatore partecipante. La continua riflessione personale per creare delle connessioni tra sapere accademico e sapere organizzativo è poi la vera chiave per leggere l’esperienza come incrementale rispetto agli anni in Università».
 
Che cosa si aspetta l’azienda da uno stagista nella quotidiana vita lavorativa? «Si attende prima di tutto curiosità e capacità di ascolto. Dopo l’Università il focus va spostato sull’allenamento delle competenze relazionali e di ascolto della cultura organizzativa. Il giovane in azienda deve porsi in un’ottica di apprendimento per “contaminazione”: di saperi, di influenza di diverse generazioni, di approcci e professionalità diverse dalla sua. La capacità di essere forti del proprio bagaglio accademico, senza per questo ostentarlo, e di “aprirsi” a esperienze e competenze diverse è centrale per far tesoro dell’esperienza quotidiana in azienda e per dare “senso” anche alle attività di routine».
 
Qual è la vera utilità di uno stage? «Ridurre la distanza tra mondo accademico e organizzativo grazie a una conoscenza reciproca di aspettative, conoscenze e potenzialità per un rapporto di reciproca collaborazione. Lo stage è un periodo cruciale per completare la formazione del giovane e per permettere all’azienda di stare a contatto con le nuove generazioni favorendo l’innovazione, lo scambio generazionale, la liberazione di energie che solo l’incontro di mondi diverso sa dare. È poi un periodo che permette una reciproca valutazione non solo di competenze richieste e attese, ma anche di valori comuni e a volte divergenti che fanno parte della vita organizzativa e motivano più di altre variabili a continuare od interrompere la collaborazione».
 
Quanti dei vostri stage in azienda si trasformano successivamente in un percorso lavorativo? Lo stage può essere un modo di fare recruiting? «In Sas lo stage è, di fatto, il primo step del percorso professionale. La gran parte delle assunzioni avvengono dopo un periodo di stage e formazione in cui candidato e azienda imparano a conoscersi e si entra progressivamente uno nel mondo dell’altro. Sas ha poi una politica da “azienda aperta” e con il progetto Job & Career Accelerator aiuta aziende partner e clienti a cercare profili di data scientist, li forma in un vero e proprio “incubatore” all’interno dell’azienda e poi li veicola verso aziende terze per aumentare le competenze di advanced analytics nel nostro ecosistema e favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. In questo modo, solo nel 2015, abbiamo creato 51 posti di lavoro presso aziende terze, di giovani che abbiamo selezionato, formato e veicolato a partner e clienti. Questo per noi vuol dire sia “fare sistema” sia fare “welfare”».