Tre giovani realizzano un cortometraggio. La storia è semplice, un bambino, Giovannino, scrive una lettera d’amore alla sua compagna di scuola Poldina promettendo di rimanere sempre al suo fianco nella buona sorte come nella malattia. Trama banale? Forse. Gli esperti di marketing delle varie aziende non hanno avuto dubbi: bocciato. Non si può realizzare un promo senza un preciso committente. E poi, dicono, la storia non funziona.
I tre non si perdono d’animo e pubblicano sul web lo spot. Titolo, “Perché tu mi piaci”. Il successo è clamoroso: più di un milione e mezzo di visite in una settimana e centinaia di commenti entusiasti. Il video, caricato su Vimeo, portale che regala una qualità superiore ma decisamente meno penetrante rispetto a YouTube, viene postato dagli autori su Facebook e diventa un vero e proprio fenomeno di costume che attraverso il passaparola si diffonde a macchia d’olio arrivando a conquistare anche le pagine delle principali testate nazionali.
I tre ragazzi protagonista di questa piccola favola dei nostri giorni si chiamano Clemente De Muro, Davide Mardegan e Niccolò Dal Corso. Tutti e tre rigorosamente under 30. Tutti ex studenti della nostra università. I giovani autori in Cattolica si sono incontrati, conosciuti, stimati e messi in società. Insieme hanno fondato l’agenzia Cric, il “campo base” da dove è partito il viaggio di "Perché tu mi piaci" e di "Quello che mi piace" (lanciato proprio in questi giorni, a ridosso di San Valentino), sequel del primo spot, ovvero la risposta di Poldina al suo amato Giovannino. E stavolta il committente c’è.
Come e quando vi siete conosciuti?
«All’università durante il primo anno. Pur venendo da città e realtà differenti, abbiamo legato fin da subito. Ci piacevano le stesse cose. Ci piaceva stare insieme. E soprattutto, avevamo gli stessi sogni».
Cos’è Cric?
«Cric è un team che sta sfidando le dinamiche della comunicazione contemporanea. Siamo un gruppo di giovani creativi che sa anche fare. Ideiamo gli spot e li realizziamo in tempi record, impostando la produzione su budget per cui nessuno degli attuali colossi sarebbe disposto a muoversi».
Perché avete scelto questo nome?
«Cric è un suono onomatopeico, è qualcosa che scatta quando si muove, da l’idea di cricca, di piccolo gruppo affiatato, tutto questo sono i Cric».
Nel vostro sito presentate la vostra società come un team giovane, creativo e veloce. Qual è la vostra mission?
«Eliminare gli attuali sprechi di tempo, budget, ma soprattutto trovare le dinamiche di lavoro che riescano a non disperdere e a potenziare la creatività. Molto spesso troppe buone idee vengono rovinate dall’eccessiva burocrazia. Ci proponiamo come una realtà snella e quindi più ricettiva ai cambiamenti e alle nuove sfide della comunicazione».
Il vostro sito web è davvero originale, l’avete realizzato in modo autonomo?
«Amiamo la semplicità e crediamo in una comunicazione semplice e diretta: a volte per fare un bel sito bastano pochi schizzi».
Oltre a brevi spot pensate di lavorare anche in altri campi della comunicazione come la grafica web?
«Ciò che desideriamo fare è di poter comunicare in modo originale e creativo. Per adesso non ci poniamo limiti, anche se pensiamo ci appartenga di più un tipo di comunicazione visiva che abbia al suo interno una storia».
I compiti all’interno dell’agenzia come sono suddivisi?
«Come si può facilmente immaginare ognuno di noi fa tutto, chiaramente abbiamo specializzazioni diverse. Davide è un regista, io (Clemente ndr) ho lavorato come copywriter e Niccolò come produttore esecutivo».
A differenza di molti video che hanno avuto successo sul web grazie alle imprevedibili conseguenze del passaparola “Perché tu mi piaci” sembra essere frutto di una precisa strategia con un scopo ben preciso: trasmettere un messaggio mirato in modo autonomo e non su commissione. Pensate che questa strategia sia una strada percorribile in futuro?
«Rispecchia il nostro modo di comunicare, bypassa le gerarchie e fa vedere che la comunicazione che vale piace al pubblico. E soprattutto ha un riscontro diretto: l'indice di gradimento è dimostrato dal numero delle visite. Speriamo - con questo approccio - di guadagnarci l'interesse di molti clienti e abbiamo intenzione di continuare ancora per molto su questa strada. Sappiamo anche che questo è un approccio "strategico" per conquistare un cliente. Ovviamente una volta guadagnato il cliente, la modalità di lavoro dovrà cambiare».
Come nasce un vostro corto? Qual è il vostro metodo di lavoro?
«Essendo un team in cui tutti fanno tutto, le nostre idee non possono che emergere dai brainstorming creativi che abitualmente facciamo. La fase di brainstorming è la più divertente: ognuno espone le proprie idee con la massima libertà. Non c'è vergogna di sbagliare. Anche perché, quando l'idea è davvero buona viene subito accolta da tutti. Durante il brainstorming l'atteggiamento è il più positivo possibile: l'idea non è di "eliminare" le idee sbagliate, ma di partire da quello che emerge per trovare quella migliore. E molto spesso capita che le idee più assurde siano la chiave per trovare un'intuizione geniale».
«Una volta trovata l'idea principale, si passa alla fase di scrittura per limare e dare all'idea la sua forma definitiva: nasce così lo script su cui si imposterà la fase di produzione. Si passa poi alla fase di preparazione che per noi è assolutamente secondaria: non basta avere una buona idea, bisogna darle vita nel modo migliore».
«Infine c'è la fase di shooting vero e proprio che rappresenta il momento più faticoso, soprattutto dal punto di vista fisico e mentale. Conclusa la fase di shooting non rimane altro che montare il materiale che è stato girato. Anche qui il confronto interno per noi è fondamentale: la scelta della musica, quali immagini selezionare o il punto nel quale tagliare una scena. La fase di post-produzione può dare un tocco in più al nostro prodotto».
«Al di là degli aspetti tecnici crediamo che le buone idee siano la base di tutto. Non per niente il 70% del tempo complessivo di un progetto è dedicato alla fase di brain-storming e di scrittura».
Colpisce la scelta di voler diffondere i vostri lavori attraverso Vimeo piuttosto che su YouTube. Un po’ come dire “Non sacrifichiamo la qualità del prodotto pur di diffonderlo” ?
«Sì, siamo molto legati a questo canale dove si possono trovare moltissimi lavori di grandi artisti spesso sconosciuti: è un ottimo network che punta tutto sulla qualità. Ci piace».
Quando avete mostrato il video ai responsabili marketing non avete avuto riscontri entusiastici. Cosa avete provato quando il pubblico ha dato ben altra risposta? Dopo il successo le persone che avevano respinto il vostro spot sono tornate a cercarvi? Se sì cosa vi hanno detto?
«Le stroncature che abbiamo ricevuto all'inizio, più che abbatterci ci hanno galvanizzato: volevamo dimostrare con i fatti che a sbagliare erano loro. Ci piaceva il lavoro che avevamo fatto. Sapevamo che non il messaggio non era banale. Ed eravamo convinti che sarebbe piaciuto. La risposta del pubblico ci ha dato una grande soddisfazione. I marchi che ci avevano inizialmente snobbato ci hanno ricontattato per dimostrare, quantomeno, che si erano sbagliati».
Il successo dello spot vi ha portato alla ribalta: siete stati contattati da altre aziende? Quali sono i vostri progetti futuri?
«Abbiamo al momento molti contatti importanti da cui chiaramente dipende il futuro dei Cric. Naturalmente stiamo valutando le proposte, ma non credo che smetteremo mai di lavorare in modo autonomo».
Dal punto di vista economico il successo di Perché tu mi piaci vi ha fruttato un ritorno economico considerevole?
«Molta fama per il momento. Ma soprattutto molte opportunità interessanti, i ritorni economici arriveranno. E se anche non fosse così... stiamo facendo ciò che ci appassiona».