Due composti chimici sempre più usati a livello industriale e quindi sempre più diffusi nell’ambiente potrebbero avere effetti tossici per la salute umana: ricercatori dell’Università Cattolica di Roma hanno infatti individuato, per ora in cellule in provetta, che i sali di rodio e iridio in concentrazioni compatibili con quelle cui si è esposti in ambito professionale, causano danni al DNA e alterano la crescita cellulare. Inoltre, studi su ratti hanno permesso di evidenziare che dette concentrazioni possono avere un’influenza sul sistema immunitario dell’animale.
Tale osservazione è emersa dallo studio condotto in collaborazione tra il gruppo di Alessandro Sgambato dell’Istituto di Patologia Generale, diretto da Achille Cittadini e il gruppo di Ivo Iavicoli dell’Istituto di Medicina del Lavoro diretto da Antonio Bergamaschi. Il lavoro è stato pubblicato su Toxicology in Vitro, una delle più importanti riviste scientifiche in campo tossicologico.
Negli ultimi anni la richiesta di rodio da parte dei diversi settori industriali in cui il metallo è impiegato è cresciuta costantemente passando dalle 20,3 tonnellate del 2009 alle 25,7 tonnellate del 2011. In particolare, la domanda di rodio è aumentata nel settore dell’industria chimica e del vetro. Per quanto riguarda l’iridio, la domanda industriale di questo metallo è cresciuta significativamente passando dalle 2,3 tonnellate del 2009 alle 8,5 tonnellate del 2011. In questo caso il maggiore aumento dell’impiego dell’iridio si è verificato nell’industria dell’elettronica.
Il rodio e l’iridio vengono impiegati principalmente nell’ambito dell’industria automobilistica per la produzione delle marmitte catalitiche.
Di recente numerosi studi sulle concentrazioni di questi metalli in differenti matrici ambientali hanno evidenziato un progressivo incremento dei livelli ambientali di rodio e iridio, in particolare nella polvere stradale, nel terreno, nelle piante e nei sedimenti marini.
In questo studio gli effetti tossici dei sali di rodio e di iridio sono stati indagati in cellule in provetta. È emerso che entrambi i composti inibiscono la crescita delle cellule in coltura con un meccanismo dose-dipendente e tempo di esposizione-dipendente (cioè gli effetti nocivi sono proporzionali a dose e tempo di esposizione), per esempio inducendo morte cellulare. Inoltre causano danni al DNA, precisamente rotture della doppia elica.
«Si noti che il rischio da esposizione a rodio e iridio - sottolinea Sgambato - non riguarda esclusivamente i lavoratori dei settori industriali in cui questi metalli vengono impiegati. Infatti, i fenomeni di abrasione e il normale deterioramento delle marmitte catalitiche causano l’immissione di questi metalli nell’ambiente, determinando un progressivo e costante incremento delle loro concentrazioni. Per questo motivo il rischio riguarda anche la popolazione generale, soprattutto le categorie di lavoratori esposte al traffico dei veicoli come i vigili urbani o i conducenti dei mezzi di trasporto del servizio pubblico o privato».
«Dai primi studi su animali (ratti) è emerso che questi metalli esercitano importanti effetti sul sistema immunitario. Inoltre, per quanto riguarda l’iridio - sottolinea Iavicoli - i risultati ottenuti hanno dimostrato che questo metallo provoca anche importanti effetti tossici a livello renale e attualmente è in corso una sperimentazione in vivo per verificare se anche il rodio è in grado di esercitare analoghi effetti avversi sul rene».
«I nostri studi confermano dunque la potenziale tossicità dei due composti a livello cellulare - conclude il patologo generale della Cattolica - e indicano la necessità di svolgere ulteriori indagini per meglio indagare questi effetti a livello molecolare, valutandone la potenziale tossicità nell’organismo, e identificare meccanismi di prevenzione».