Analizzare gli investimenti delle organizzazioni criminali in quattro regioni italiane. È la sfida che si pongono Transcrime e Ministero dell’Interno nell’ambito del Programma operativo nazionale (Pon) Sicurezza per lo sviluppo: Sicilia, Calabria, Campania e Puglia. La ricerca, affidata dal ministero al Centro interuniversitario di ricerca sulla criminalità transnazionale, si occupa infatti dei beni sequestrati e confiscati alle organizzazioni criminali nelle regioni dell’Obiettivo Convergenza, spaziando dalle strategie di investimento della criminalità all’impiego di fondi comunitari nel riutilizzo dei beni già destinati.
A presentare il progetto di ricerca, lo scorso 12 marzo, il prefetto Nicola Izzo, vice-capo vicario della Polizia, che ha incontrato gli studenti della laurea magistrale in Scienze sociali applicate, percorso Crime and Tech, sottolineando l’importanza di coinvolgere i giovani sui temi della legalità. Prima di illustrare le azioni di contrasto, Izzo ha spiegato le peculiarità e le analogie fra le diverse organizzazioni che "sono diventate vere e proprie imprese criminali", capaci di inquinare il mercato e la libera concorrenza, e ne ha tracciato il profilo. La Mafia siciliana ha ancora oggi la leadership e si è evoluta in forme reticolari ottenendo così un’estensione latente e diffusa. La ‘Ndrangheta calabrese, che opera in particolare nel settore del narcotraffico in stretto legame con i Paesi dell’America Latina, è oggi la più temuta e pericolosa a livello internazionale, oltre che la più impenetrabile perché fondata su legami di parentela familiare. La Camorra nata in Campania ha poi una presenza molto capillare grazie a una struttura in bande che tra accordi e mattanze registra il maggior numero di omicidi. Infine la Sacra Corona unita che dominava in Puglia è stata sgretolata dagli inquirenti lasciando il posto ad altre forme di criminalità organizzata.
Oggi, ha aggiunto il vice-capo vicario della Polizia, stanno prendendo piede diversi tipi di criminalità straniere come quelle albanese, rumena, cinese, russa, magrebina e sudamericana. Senza dimenticare la criminalità dei “colletti bianchi”, insediata nelle pubbliche amministrazioni, forse la più pericolosa perché entra nei grandi appalti e nella gestione della cosa pubblica. Tra il 2009 e il 2011, si contano, con un progressivo aumento, oltre 2mila arresti in ambiti come quello della ricostruzione dell’Aquila, di Expo 2015 o della Tav in Piemonte.
Le azioni messe in campo dal Ministero per combattere la criminalità organizzata riguardano il piano legislativo e il piano operativo. Sul primo fronte sono state fatte diverse operazioni come la costituzione dell’Agenzia per la gestione dei beni confiscati, il codice delle leggi antimafia, l’incremento del sostegno alle famiglie delle vittime dei racket, la tracciabilità dei flussi finanziari soprattutto nella catena degli appalti, l’utilizzo del ricavato dai beni confiscati per finanziare attività operative ministeriali. Sul fronte operativo gli arresti e le confische di beni si affiancano al progetto Pon che mira a offrire migliori condizioni di sicurezza ai cittadini operando su tre assi: quello della garanzia della libertà economica delle imprese, quello della diffusione della legalità e quello della struttura della ricerca. Il Pon finanzia progetti di sistema e progetti di territorio che prevedono interventi di due tipi: di natura tecnologica, attraverso la videosorveglianza, sistemi di tutela per la salvaguardia del territorio, piattaforme per il contrasto alla contraffazione e per la tutela del libero mercato e delle attività produttive legali; e di natura sociale, con la formazione di operatori di polizia, la realizzazione di centri polifunzionali per l’integrazione dell’immigrazione regolare e progetti per il recupero dei beni confiscati e per la diffusione della cultura della legalità.
In questo ambito si inserisce l’indagine affidata a Transcrime, che durerà a 13 mesi e dovrà rispondere ad alcune domande chiave per comprendere l'azione delle mafie al fine di orientare gli interventi del Pon Sicurezza: in quali settori investono le mafie? Quanto pesano le aziende mafiose nell'economia di un territorio? La gestione di un’azienda mafiosa è diversa da quella di un'azienda legale? E quindi dove vanno a finire i capitali? Transcrime, diretto dal professor Ernesto Ugo Savona, cercherà di rispondere analizzando e incrociando statistiche, dati giudiziari, bilanci e documenti contabili di aziende “mafiose” confiscate. Da alcune indagini già realizzate dal Centro di ricerca si può affermare ad esempio che in Sicilia le organizzazioni criminali investono maggiormente nel settore delle costruzioni, più strategico per il controllo del territorio e del consenso sociale, mentre in Lombardia si scelgono più alberghi e ristoranti, settori ad alta circolazione di capitale utili per il riciclaggio. Inoltre gli obiettivi di riciclaggio di denaro sporco dovrebbero mostrare livelli più elevati di capitale circolante e attivo corrente rispetto alla media del settore, e un minore utilizzo di debito bancario. Le pressioni mafiose su fornitori, personale e imprese concorrenti, assieme all’utilizzo di lavoro nero, dovrebbero mostrare anche una minore incidenza dei costi del personale sui costi totali.
L’indagine si soffermerà in una seconda fase su due domande più specifiche: esistono aree urbane nelle grandi città in cui si concentrano gli acquisti degli immobili mafiosi? E gli investimenti degli immobili avvengono per uso personale o per investimento?