Quella che si è svolta stamattina al Cobox di Cremona, avamposto del Polo tecnologico della città concepito come spazio di coworking, è solo l'ultima fase del progetto di marketing sportivo “Web Basket 2.0”, condotto dalla sede cremonese dell’Università Cattolica del Sacro Cuore con Vanoli Basket Cremona.
Gli studenti dell’ateneo, divisi in 11 gruppi, hanno compiuto nel primo semestre uno studio sulla comunicazione digitale della squadra cestistica cremonese in rapporto ad altre società di Lega Basket Serie A Beko e di alcune compagini di Serie A2 Lnp. Un progetto inserito nel corso di Marketing tenuto dal professor Roberto Nelli, svolto con i ragazzi della facoltà di Economia e Giurisprudenza della sede di Cremona dell’Università Cattolica, con la supervisione del professor Fabio Antoldi.
A “battezzare” l'inizio del lavoro degli studenti una lezione, tenuta lo scorso 13 ottobre, da Michele Mondoni, marketing manager e responsabile eventi e comunicazione della Vanoli Basket Cremona per conto di Sapiens Lavoro Spa. Proprio al dirigente della società cestistica, insieme ad altri manager e professionisti del settore, è toccato valutare anche il lavoro finale dei ragazzi e decretare il migliore. «Si tratta di un'iniziativa importante, la famiglia Vanoli ha voluto fortemente coinvolgere il mondo accademico» ha osservato il marketing manager della società.
Gli 11 gruppi di lavoro hanno presentato il frutto delle loro analisi, descrivendo quali società mostrano le best practices della comunicazione digitale, esponendo le attività più innovative e suggerendo possibili azioni di marketing per rendere efficace la loro presenza sulla rete. A tutti gli studenti è apparsa chiara una caratteristica fondamentale dei club italiani: lo stretto legame con le realtà imprenditoriali locali.
«Tutte le squadre sono molto “sentite” come espressione del loro territorio - commenta il professor Nelli -. Per questo motivo anche gli sponsor locali investono molto per associare il loro nome a quello del team. Non solo quello principale, che poi dà effettivamente il nome alla squadra, ma anche altri sponsor minori che comunque si legano alle attività della società. In questo modo si viene a creare un vero e proprio network tra le imprese locali, in grado di fornire proposte valide agli abbonati ma anche a tutti i tifosi in generale».
Ma in un mondo (anche sportivo) sempre più globalizzato, le sponsorizzazioni “a chilometro zero” possono avere un futuro? «Penso proprio di sì. Anche perché giocando in Eurolega o in altre manifestazioni internazionali si può dare ancora più visibilità a un brand locale, a cui magari può in un secondo momento affiancarsi un'azienda ancora più celebre e quindi più ricca. E questo non può che fare bene a una società sportiva».