Domenica 19 settembre al Cofton Park di Birmingham Benedetto XVI celebrerà la messa di beatificazione del cardinale John Henry Newman (1801-1890), il grande intellettuale e prete anglicano di Oxford (anche se londinese di nascita) che si convertì al cattolicesimo nel 1845. Per testimoniare il legame dell’ateneo con la figura e il pensiero dell’intellettuale d’oltre Manica, autore, per altro, di un’acuta e moderna riflessione sul senso dell’università, alla cerimonia parteciperà anche una delegazione di 20 studenti dei collegi milanesi dell’Università Cattolica guidati e accompagnati dal professor Evandro Botto, direttore del Centro di Ateneo per la dottrina sociale della Chiesa, e da alcuni giovani studiosi del pensiero di Newman. Al cardinale britannico l’ateneo ha dedicato sulla rivista “Vita e pensiero” un dialogo a due voci tra il presidente emerito della Repubblica, scomparso ad agosto, Francesco Cossiga, ed Elio Guerriero. E, soprattutto, nel 2009 il convegno internazionale che si è tenuto a Milano il 26 e il 27 marzo e la presentazione il 29 ottobre a Roma del volume che ne ha raccolto gli atti.

Dall’introduzione di questo volume, Una ragionevole fede, pubblichiamo alcuni passaggi dedicati proprio al rapporto con la santità da parte di John Henry Newman.


 

Una ragionevole fede

Santo di genio

«Il processo di beatificazione di Newman, iniziato già nel 1958, era ormai prossimo a concludersi nel momento in cui si è celebrato il nostro Convegno; a pochi mesi di distanza, in data 3 luglio 2009, Benedetto XVI ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il Decreto riguardante un miracolo, attribuito proprio all’intercessione del Venerabile Servo di Dio John Henry Newman. Ora verrà proclamato beato. L’avvenimento conferma e propone alla venerazione di tutta la Chiesa ciò di cui sono da sempre ben consapevoli studiosi e amici di Newman, e quanti si accostano senza pregiudizi alla sua figura e ai suoi scritti: il noto convertito inglese non fu soltanto un pensatore con doti eccezionali, ma un uomo nel quale la genialità del pensiero faceva tutt’uno con la santità della vita quotidiana.

Quando egli in tarda età sentì dire che l’avrebbero chiamato santo, scrisse: «Non sono portato a fare il santo, è brutto dirlo. I santi non sono letterati, non amano i classici, non scrivono romanzi. Sono forse, alla mia maniera, abbastanza buono, ma questo non è alto profilo […]. Mi basta lucidare le scarpe ai santi, se san Filippo in cielo avesse bisogno di lucido da scarpe». Lungo tutta la sua vita Newman pensò di essere ben lontano dalla perfezione cristiana. Ma dalla sua ‘prima conversione’ la sua aspirazione fu tutta rivolta a Dio, che aveva riconosciuto come il fulcro della sua vita. Da allora in poi seguì due principi: «La crescita è la sola dimostrazione della vita» e «La santità piuttosto che la pace».

Il genio di Newman, sebbene sempre ammirato e venerato, fu riscoperto dal Concilio Vaticano II, di cui è stato un precursore profetico. Jean Guitton scrisse in proposito nel 1964: «I grandi geni sono dei profeti sempre pronti a rischiarare i grandi avvenimenti, i quali, a loro volta, gettano sui grandi geni una luce retrospettiva che dona loro un carattere profetico. È come il rapporto che intercorre tra Isaia e la passione di Cristo, reciprocamente illuminati. Così Newman rischiara con la sua presenza il Concilio e il Concilio giustifica Newman»7. Il Vaticano II ha recepito e consacrato tante intuizioni di Newman, ad esempio sul rapporto tra fede e ragione, sul significato della coscienza, sull’educazione universitaria, sul valore dei Padri e della storia in generale, sul mistero della Chiesa, sulla missione dei laici, sull’ecumenismo, sul dialogo con il mondo contemporaneo – grandi tematiche che vengono ampiamente trattate nel presente volume.

[…]

Nel famoso Biglietto-Speech, pronunciato in occasione del ricevimento della bolla di nomina a Cardinale, Newman, guardando alla sua vita passata, confessò: «Nel corso di lunghi anni ho fatto molti sbagli. Non ho nulla dell’alta perfezione che si riscontra negli scritti dei santi, nei quali non ci possono essere errori; ma credo di poter affermare che in tutto ciò che ho scritto ho sempre perseguito nobili intenti, non ho cercato fini personali, ho tenuto una condotta ubbidiente, mi sono dimostrato disponibile a essere corretto, ho temuto l’errore, ho desiderato servire la santa Chiesa e ciò che ho raggiunto lo devo alla misericordia di Dio». Queste parole mostrano l’umiltà propria soltanto di un vero uomo di Dio.

[…]

Il quotidiano londinese «The Times» pubblicò il giorno seguente la morte di Newman, avvenuta l’11 agosto 1890, un lungo elogio funebre che terminava con le seguenti parole: «Di una cosa possiamo essere certi, cioè che il ricordo di questa pura e nobile vita durerà e che […] egli sarà santificato nella memoria della gente pia di molte confessioni in Inghilterra […]. Il santo che è in lui sopravvivrà».

Evandro Botto
Direttore del Centro di Ateneo per la dottrina sociale della Chiesa

P. Hermann Geissler, F.S.O.
Direttore dell’International Centre of Newman Friends