Si è spento a Brescia il professor Pier Vincenzo Cova, a lungo docente alla sede bresciana dell'Università Cattolica. I funerali si sono svolti sabato 26 febbraio nella Chiesa parrocchiale S. Maria Crocifissa di Rosa in città. Il profilo tracciato dal professor Gian Enrico Manzoni.


di Gian Enrico Manzoni

Pier Vincenzo CovaPavese di nascita, dagli anni '40 Pier Vincenzo Cova era divenuto bresciano per residenza e vi si era progressivamente radicato. Era stato coinvolto nelle vicende belliche dell'ultima parte della Guerra, in momenti e situazioni che si rivelarono drammatiche, quando scelse di non presentarsi all'arruolamento imposto dalla Repubblica di Salò.  Subito dopo quella esperienza, e dopo essersi laureato nel 1947, Cova si era dedicato all'insegnamento delle discipline umanistiche, iniziando dalle scuole medie di Palazzolo. Era poi passato agli Istituti superiori, prima al Luzzago e quindi all'Istituto (allora) Magistrale “Veronica Gambara” e allo Scientifico Calini di via Monte Suello. Col 1960 si era aperta l'importante fase della docenza al Liceo classico Arnaldo di corso Magenta, durata fino al 1980. Ma già da alcuni anni, e in contemporanea con l'insegnamento liceale, egli era stato chiamato all'Università, prima a quella di Bergamo e poi alla Cattolica di Brescia, per insegnarvi la Lingua e la Letteratura latina. Prestò servizio dapprima nella Facoltà di Magistero, poi in quella di Lettere, qui aperta nel 1993. In totale, se congiungiamo l'inizio con la fine della sua carriera docente, si arriva a ben 49 anni dedicati alla scuola, nei suoi diversi ordini e gradi.

E da uomo di scuola, la sua attività si è esplicata innanzitutto nella produzione di testi di natura scolastica, spesso editi dalla concittadina Editrice La Scuola. Se oggi sfogliamo il Catalogo storico dell’Editrice, uscito nel centenario dalla sua fondazione (1904-2004), incontriamo quattordici volte il nome di Cova. Ma accanto, e soprattutto, ci sono le pubblicazioni scientifiche, dedicate agli autori più amati, come Virgilio, Vario, Seneca, Plinio e Frontone.

Serio, competente e severo, erano gli aggettivi che più ricorrevano quando di lui si parlava. La grande bravura e insieme la severità venivano ricordate come una sorta di  binomio indissolubile, un tipo di etichettatura alla quale era ed è difficile sottrarsi. Lo confermo, ma con l’aggiunta di quelle doti di umanità che a prima vista non apparivano, anche per una sorta di timidezza congenita che cercava di sbarrare approcci troppo confidenziali. Ma posso testimoniare l’affetto nel compartecipare a eventi lieti o tristi dei suoi allievi, la naturalezza del tratto nel parlare delle incombenze quotidiane o del suo giardino, il sincero interesse per le vicende altrui: per questo ci mancherai molto, caro indimenticabile professore.