di Gian Enrico Manzoni *
La seconda prova scritta della Maturità classica ha fatto il suo debutto nella prevista forma, solo teoricamente bilingue: da tradurre c’era solo il latino, mentre il greco aggiunto era affiancato dalla corrispondente versione italiana.
Il testo latino (breve, nove righe) era di Tacito, tratto dal primo libro delle “Historiae”: la vicenda dell’imperatore Galba al quale un aruspice predice infausti avvenimenti e un pericolo interno. Questo sarà incarnato da Otone, a lui vicinissimo, che volge in senso per sé positivo la stessa profezia: e così accetta di dare il via alla congiura contro Galba, anche se pieno di timori e debole fisicamente. Sono solo ventitré i congiurati che lo acclamano imperatore, ma sono proprio questi a insistere per portare a termine il piano; perciò lo trascinano all’azione e aggregano pochi altri, mossi da motivazioni e atteggiamenti diversi, alcuni per consapevole adesione, altri per stupore e sorpresa, in genere per adeguarsi al seguito degli avvenimenti.
Il testo di Tacito isolatamente trattato sarebbe stato impegnativo perché di difficile contestualizzazione, nonostante la presenza di un Ante-testo e di un Post-testo tradotti, poco significativi, se non fosse intervenuto il soccorso venuto dal greco (tradotto) di Plutarco. Un aiuto prezioso, che ha chiarito molti dubbi, visto che narrava lo stesso episodio; quindi, leggendo il greco/italiano, si capiva molto qualcosa di più sull’intera vicenda.
Con l’aiuto del greco/italiano, restavano alcune, ma non molte, difficoltà al testo latino. Qualche costruzione col participio, un possibile equivoco verbo/sostantivo (digressus), una data romana che richiamava spiegazioni ginnasiali.
Fattibili e anche interessanti i quesiti, per esempio quello che proponeva la distinzione, che è propria anche di Plutarco nella “Vita di Alessandro”, tra biografia e storia, o la prima domanda che portava a riflettere sul testo distinguendo tra le descrizioni di Otone che i due brani, latino e greco, mostravano.
In conclusione possiamo affermare che l’esperimento della compresenza latino/greco ha funzionato, visto che la relazione tra i due testi era stretta; una relazione però forse eccessiva, perché il secondo spesso traduceva anche il primo, per cui sarebbe stato preferibile un testo latino più semplice e meglio contestualizzato, e un aiuto meno vistoso dal greco tradotto.
* docente di Didattica del latino nella sede di Brescia dell’Università Cattolica