La “stupidità aziendale” non paga. E non solo, può fare danni. La strategia dello yesman, che in modo acritico accetta senza porsi domande e senza attivare riflessioni propositive, oppure quella del be positive a tutti i costi, indipendentemente da problemi e criticità esistenti, generano dissonanze tra gli individui e provocano effetti negativi che possono arrivare fino alla paralisi di processi lavorativi virtuosi.
Affrontare le criticità in azienda, e non tacerle per compiacimento o per insicurezza, è fondamentale per la vita dell’impresa. Anche se la “stupidità aziendale” può in qualche caso essere funzionale, ossia rassicurante e foriera di certezze in situazioni di particolare crisi, si rivela nella maggioranza dei casi un grave ostacolo alla crescita e al superamento delle difficoltà.
Di questo si è parlato durante un dibattito in Università Cattolica con il professor Mats Alvesson della School of Economics and Management, Lund University della Svezia che ha parlato con noi sintetizzando il suo pensiero e i suoi studi.
Il seminario intitolato “Stupidità aziendale e approccio critico al management”, promosso dal professor Giuseppe Scaratti e sostenuto dal dipartimento di Scienze dell’economia e della gestione aziendale, dall’Alta Scuola di Psicologia “Agostino Gemelli” e dal Transformative Actions Interdisciplinary Laboratory dell’Università Cattolica, ha ospitato il docente, autore del libro “The stupidity paradox: the power and the pitfalls of functional stupidity at work” e autorità a livello internazionale nel campo del critical management.