Passare da un sistema di stampo prevalentemente assistenzialistico a uno che assicuri a tutti una “buona assistenza”. È la proposta innovativa del sistema di welfare italiano che affronta in maniera operativa temi quali povertà, salute, casa, lavoro, educazione, famiglia e giovani, oggetto di una ricerca interuniversitaria confluita nel libro Il welfare responsabile. Una proposta per la società italiana, la ricerca a cura di Vincenzo Cesareo e Nicoletta Pavesi (Vita e Pensiero, 248 pp., € 22,00. Lo studio è stato presentato nell’ambito di un convegno mercoledì 23 ottobre in Università Cattolica.
La ricerca non si ferma alla teoria, ma presenta l’analisi di molte esperienze concrete. Ecco qualche esempio.
POLITICHE DI INVESTIMENTO FAMILIARE PER LA CONCILIAZIONE: due esempi, il Cesu francese e le Reti territoriali lombarde
Il Social Investment (SI), la spesa del welfare, non è un costo da tagliare ma al contrario un investimento efficace ed efficiente da misurare nei suoi ritorni relativi a capitale umani, economici e sociali.
Es. Cesu (Chèque Emploi Service Universel) è un servizio per la dichiarazione del reddito dei salariati a domicilio. Cesu dèclaratif riguarda tutti coloro che fanno ricorso a personale a domicilio, a tempo pieno o parziale, per essere aiutati nelle loro attività domestiche. Il datore di lavoro, usando questo tipo di Cesu, beneficia di numerosi vantaggi come la riduzione delle tasse del 50% sulla somma spesa per l’acquisto di cheques fino a un massimo di 1.830 euro. Oppure il Cesu prefinanziato, un titolo di pagamento a somma predefinita (come ticket restaurant) riservato al pagamento dei salari/prestazioni dei servizi alla persona o all’accudimento dei bambini.
Dopo la prima sperimentazione triennale (2011-2013), Regione Lombardia ha studiato un nuovo sistema di governance territoriale arti¬colato su tre livelli: quello regionale, rappresentato dalla cabina di regia; quello intermedio, costituito dalle singole reti territoriali con la Asl come ente capofila che ha visto crescere il livello di autonomia progettuale, ma anche finanziaria grazie alla possibilità di disporre più liberamente delle risorse stanziate; quello delle alleanze locali, ancorato al territorio e alla rete di stakeholders che vi afferisce. Le alleanze locali – precisa il Decreto regionale 2058/2014 – devono essere costituite attraverso contratti di partnership tra soggetti pubblici e privati, da inviare alla Asl capofila della rete, “che esplicitino i ruoli, le modalità di partecipazione e gli apporti, sia in termini tecnici che di contenuto, sia economici”. Il monitoraggio effettuato a ottobre 2016 ha registrato che le 63 Alleanze locali di conciliazione hanno sviluppato 63 progetti, raggiungendo 47.022 persone e 1.885 imprese. Inoltre il numero di enti aderenti alle reti territoriali è di 1.104, è aumentato del 138% rispetto alla prima sperimentazione nel triennio 2011-2013. Inoltre si è rilevata una progressiva familiarizzazione e alfabetizzazione rispetto al tema della conciliazione vita-lavoro da parte dei soggetti coinvolti.
PIANI PERSONALIZZATI PER LA DISABILITÀ IN SARDEGNA
In Italia l’assistenza domestica per la disabilità è regolata da una legge (art. 9 della legge 104/92) che delega i poteri alle Regioni per decidere quali servizi offrire e quali sono i criteri di ammissibilità. La regione Sardegna è il secondo spender principale in campo sociale, dal 2000 ad oggi il numero di utenti e famiglie coinvolte nei piani personalizzati è cresciuto costantemente e negli ultimi decenni ha tentato di promuovere sempre più la vita indipendente spostando l’attenzione dall’istituzionalizzazione all’assistenza domiciliare e alla libera scelta delle persone disabili.
I piani personalizzati sono studiati e progettati da professionisti e utenti insieme alle famiglie e alle risorse della comunità: la Regione finanzia la politica; il comune valuta i bisogni e firma il piano; utenti e famiglie co-progettano il piano; le organizzazioni supportano le famiglie; le organizzazioni del terzo settore forniscono i servizi.
ASSEGNO UNICO PROVINCIALE DI CONTRASTO ALLA POVERTÀ IN TRENTINO
La povertà è un fenomeno multidimensionale e cumulativo: ciò significa che per contrastarla è necessaria una strategia che sia altrettanto multidimensionale e multidirezionale. Non basta un trasferimento monetario, è necessario integrare a esso programmi di inclusione socio-occupazionale, assicurando l’accesso ai servizi di base. In questa chiave possiamo leggere l’Assegno unico provinciale attivato nella Provincia autonoma di Trento dal 1°gennaio 2018 che vuole intercettare oltre alle famiglie in condizione di deprivazione quelle vulnerabili e a rischio esclusione. Da una parte quindi permette ai nuclei famigliari di raggiungere una condizione economica sufficiente a soddisfare l’insieme dei propri bisogni. Dall’altra mette al centro lavoro come via di reinserimento e di autonomia in una logica improntata a valorizzare le diverse capacità delle persone.
SPAZIO SOCIALE DI PROSSIMITÀ
Con uno spazio fisico:
Infrastrutture gestite dai servizi sociali che ospitano attività multigenerazionali e multiculturali che favoriscono l’incontro tra le persone del quartiere: lo spazio fisico diventa così spazio di relazioni prossimali es. quartieri cittadini polivalenti sperimentati a Ginevra, o nelle Case del Quartiere della città di Torino.
Senza uno spazio specifico:
“L’arco e le pietre” di Mantova, una partnership che ha coinvolto istituzioni pubbliche, associazioni e società cooperative per realizzare attività nei quartieri periferici con lo scopo di creare reti sociali fra i cittadini e favorire l’aggregazione culturale e generazionale.
I GIOVANI E L’ISTRUZIONE: FATTORI CHIAVE PER UNA CRESCITA INCLUSIVA E UNO SVILUPPO SOSTENIBILE
La condizione giovanile può fungere da cartina di tornasole sullo stato di benessere delle nostre società e della democrazia poiché come si legge nel report OECD Youth Stocktaking Report: «Quando i giovani sono impegnati e preparati, le società sono più coese e resilienti e le democrazie più vibranti». Questo processo di attivazione capacitante riguarda in primo luogo le giovani generazioni impegnate nelle principali agenzie educative formali: scuola e università. Per rispondere alle sfide del sistema educativo italiano, il WR propone quattro azioni indirizzate a creare le condizioni per attivare le nuove generazioni:
1) percorsi di studio in alternanza scuola/lavoro, anche con tirocini e periodi di apprendistato di qualità, alternando la forma¬zione attuata in azienda (periodi di apprendimento pratico sul posto di lavoro) con l’istruzione impartita nelle scuole (periodi di studio teorico e pratico ricevuto presso istituzioni scolastiche o formative);
2) la costruzione di partenariati fra istituzioni pubbliche e private per garantire la co-progettazione dei curricoli e delle competenze e per agevolare il passaggio dallo studio al lavoro;
3) la promozione di progetti interdisciplinari specifici per sostenere lo straordinario potenziale delle scuole e delle università italiane, che possono favorire la condivisione di una cultura dell’imprenditorialità e dell’autoimprenditorialità in grado di interpretare in termini evolutivi la precarizzazione del lavoro;
4) la messa a punto di un modello di ricerca e di insegnamento interdisciplinare, dove le pratiche di lavoro si integrano, se non addirittura transdisciplinare, nel quale si raggiunge un’elevata ibridazione di linguaggi, pratiche e obiettivi teorici e teorico-pratici in un’ottica di confronto e di collaborazione internazionale.