di Luigi D'Alonzo*

È importante mettere dei punti fermi sull’autismo e condividerli in modo da offrire agli educatori, insegnanti e operatori delle basi di appoggio condivise per indirizzare il loro lavoro. Tra questi riconosciamo che esiste un deficit di meta-rappresentazione o di teoria della mente; che in una minoranza di soggetti con autismo si possono osservare delle abilità particolari in determinati ambiti (disegno, musica, calcolo); che c’è un deficit specifico nell’attenzione condivisa, ossia nella capacità di orientare l’attenzione verso qualcosa in modo coordinato con un'altra persona; che un numero significativo di bambini con autismo presenta una regressione nel corso dello sviluppo perdendo capacità già acquisite.

Gli studi sul cervello con la tecnica di neuroimmagine dimostrano che i soggetti con autismo attivano con successo aree cerebrali normalmente preposte ad altri tipi di compiti con processi chiaramente di tipo compensatorio. Si rileva inoltre che il funzionamento sociale è problematico, l’adattamento difficoltoso, l’interesse è rivolto non al “sociale” ma alle “cose” in modo spesso ripetitivo e stereotipato.

Gli interventi di cura precoci sono stati associati a miglioramenti importanti ma molti studi indicano che i fattori più attendibili degli esiti evolutivi sono variabili esterne al trattamento, come le abilità linguistiche, sociali, e imitative e il livello intellettivo del bambino prima di iniziare il trattamento.

Di fronte al problema dell’autismo la scelta inclusiva è un punto fermo irrinunciabile. La scuola italiana in questi anni ha saputo integrare in classe molti allievi con disabilità. Molti di loro non solo sono riusciti a frequentare le scuole dell’obbligo, ma anche le scuole secondarie, le università e a entrare a pieno titolo nel mondo del lavoro. Tuttavia gli allievi con disturbo autistico provocano ancora ansie e timori quando entrano a scuola.

Le legittime preoccupazioni possono essere superate se si affrontano le difficoltà con competenza intervenendo con una programmazione educativo-didattica diversificata per ogni caso e con l’attenzione all’interazione sociale, alla comunicazione, agli interessi e alle attività.

Il numero di alunni con deficit nelle scuole italiane è cresciuto negli ultimi anni e, secondo l'ISTAT, nell'anno scolastico 2014/15 sono 153.848 gli alunni con disabilità (3,4% del totale). Grazie alle politiche inclusive esistenti e all’impegno di professionisti e genitori, le istituzioni educative e scolastiche hanno ottenuto risultati positivi nell’ambito dell’integrazione riuscendo ad attuare strategie efficaci per supportare la crescita dell’individuo attraverso la scuola, l’università e il mondo del lavoro.

Il ruolo della famiglia in tutto ciò è di un’importanza decisiva anche se i carichi emotivi e quotidiani sulle famiglie sono a volte davvero insopportabili.

Il compito degli educatori è di permettere al soggetto disabile di maturare le sue potenzialità, operando in modo tale da predisporre le condizioni affinché questa persona possa adattarsi al contesto sociale in cui vive. L’intenzionalità in educazione speciale assume una connotazione valoriale particolare poiché non è facile operare con queste persone. I risultati spesso sono lievi, molto lenti, irrisori se confrontati con la bellezza di un impegno formativo capace di far scaturire, nell’educando motivato, la luce dell’apprendimento, della comprensione immediata, del fuoco della conoscenza. L’educatore competente è cosciente delle grandi potenzialità che ogni persona ha in sé, ha fiducia nelle capacità del cervello umano di supplire alle carenze dovute alla situazione d’handicap.

Essenziali sono l’intervento precoce e la consapevolezza che la promozione dello sviluppo dell’educando avviene soprattutto attraverso un contatto umano di valore, colmo di accettazione e di incontro con l’altrui persona e che tutto ciò alimenta una crescita maturativa. Intenzionalità e competenza costituiscono dunque un binomio inscindibile che deve governare l’evento educativo guidandolo in una prospettiva progettuale volta a promuovere nel soggetto handicappato itinerari di maieutica personale funzionali alla sua condizione di diversità.

* Direttore del Centro Studi e Ricerche sulla Disabilità e la Marginalità