L’attuale situazione impone una riflessione sulle gravi implicazioni che la crisi conseguente alla SARS-CoV-2 avrà sulle condizioni economiche del nostro Paese e su molte famiglie nei prossimi mesi. In simili circostanze, il 5xmille è uno degli aiuti più concreti che l’Università Cattolica ha disposizione per continuare a garantire opportunità essenziali agli studenti. Basti pensare che dal 2010 a oggi in virtù di questo strumento è stato incrementato il numero di borse di studio, consentendo a 2.183 giovani di formarsi in Cattolica. Per conoscere da vicino tutte le aree strategiche in cui confluiscono le risorse del 5x1000, ha preso il via con l’editoriale del rettore Franco Anelli un percorso di approfondimento sulle iniziative portate a termine e sulle attività che l’Ateneo ha avviato negli ultimi anni grazie all’utilizzo dei fondi raccolti


Il Centro di Ateneo per la Solidarietà Internazionale (CeSI) incentiva la sinergia tra i progetti promossi nelle diverse sedi e Facoltà dell’Ateneo. «Obiettivo del CeSI, la cui importanza è fortemente acuita dalla situazione attuale, è mettere al servizio delle persone che vivo- no nelle aree più povere del pianeta i saperi, le competenze e la ricerca scientifica maturati in Università Cattolica», spiega il professore Marco Caselli, direttore del Centro, «solidarietà e attenzione alla persona rappresentano infatti due dei valori fondanti la nostra esperienza».


Professor Caselli, tra le numerose attività svolte dal CeSI vi sono anche il Charity Work Program e iniziati- ve di solidarietà a sostegno dei Paesi emergenti. «Esatto. L’UCSC Charity Work Pro- gram è il nostro programma di volontariato internazionale, attivo dal 2009. Si tratta di un’esperienza umana e professionale straordinaria in cui nostri studenti concretizzano il valore della solidarietà. Grazie ai finanziamenti del 5x1000 e al supporto dell’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori sono state erogate negli anni oltre 350 borse di studio, a copertura totale o parziale delle spese. Quest’anno siamo stati co- stretti ad annullare il programma, al cui bando avevano già aderito cir- ca 200 studenti e neolaureati; contiamo però di riprenderlo a partire dal 2021. Per quanto riguarda inve- ce i progetti di cooperazione e solidarietà, gli ambiti di riferimento riguarderanno quest’anno la forma- zione in Africa, con una particolare attenzione all’ambito sanitario, e il supporto delle popolazioni cristiane in Medio Oriente».

In cosa consiste il vostro intervento in Africa? «I progetti attualmente in corso sono due, in Camerun e in Uganda, entrambi già avviati e che si svilupperanno per tutto il 2020. Il primo ha come obiettivo il reinserimento in società degli ex-detenuti: chi esce dal carcere è spesso soggetto a forte stigma sociale. Il nostro percorso mira dunque a coinvolgere non solo i detenuti, ma anche gli amministratori pubblici, i leader delle comunità e quelli religiosi. In Uganda l’ambito di intervento è invece sanitario. Si tratta di un progetto per la tutela della salute materna e infantile, con attività di formazione volte a coinvolgere intere comunità. Si tratta di un progetto pensato prima della crisi legata al Covid-19, e che tuttavia verrà declinato in maniera tale da contribuire a contenere e gestire l’attuale emergenza, il cui impatto nei Paesi in Via di Sviluppo potrebbe essere devastante».

Per quanto riguarda invece l’attenzione ai Cristiani in Medio Oriente? «Il progetto cui stiamo lavorando ha come sede di realizzazione la Giordania e mira a supportare le popolazioni cristiano-irachene che lì hanno trova- to rifugio. Il nostro scopo è favorire l’inclusione dei minori, con particola- re attenzione a chi, per natura o in seguito a un’esperienza traumatica qua- le la fuga dalla propria terra, richiede un supporto maggiore. I contributi del 5x1000 sono anche in questo caso fondamentali. Senza questi fondi non sarebbe possibile concretizza re le competenze del nostro Ateneo, co-finanziando quei progetti volti a migliorare, in modo tangibile, la vita delle persone».