Un articolato progetto di resilienza parte oggi nei territori italiani più colpiti dal Covid-19, la Val Seriana e la città di Bergamo. 

Gli operatori sanitari e gli educatori di queste aree in emergenza sanitaria hanno chiesto un supporto agli psicologi dell’Unità di ricerca sulla resilienza del dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica (RiRes) sulla base di una pregressa collaborazione.

Il progetto, su richiesta del Consorzio Famiglie e Accoglienza (CA) e di Cesvi, prevede l’incontro settimanale online di due psicologhe con due équipe di dieci coordinatori ciascuna che dovranno poi rinsaldare le risorse di resilienza di 140 operatori tra sanitari, ausiliari socio-assistenziali, assistenti famigliari ed educatori che a loro volta operano nell’ambito della tutela degli anziani e dei minori mediante servizi residenziali e domiciliari. 

Oggi si comincia con il primo incontro di analisi dei bisogni con il team dell’area minori e lunedì 20 con quello dell’area anziani. 

Cosa si può fare concretamente per aiutare queste persone? «Bisogna rafforzare le risorse interne ed esterne della persona - dice la psicologa di RiRes coordinatrice del progetto Francesca Giordano -. Le prime sono la gratitudine, il sentimento di autoefficacia, il pensiero positivo, la flessibilità, la mindfulness, la costruzione di significati, la cura di sé. Le seconde riguardano invece l’organizzazione e la programmazione, la responsabilità, le relazioni supportive, l’identità personale». 

«In questa fase è importante non scardinare i meccanismi di difesa degli operatori attraverso un rafforzamento dell’individuo e della sua autostima, senza lavorare sulle emozioni che al momento sono ancora ingestibili» - aggiunge la psicologa.

Gli operatori sanitari che nella bergamasca entrano nelle RSA e nelle famiglie con anziani contagiati continuano, infatti, a lavorare per resistenza e inerzia ma sono psicologicamente, oltre che fisicamente, molto provati, al limite del burn out. Vedono ogni giorno persone morire, vedono colleghi ammalarsi, provano la minaccia del contagio per sé e per i propri familiari. E se vivono soli, si trovano dopo il lavoro ad affrontare lo stress e i pensieri negativi.  

Difficoltà simili le vive chi lavora nelle comunità con i minori che vivono già una situazione precaria e che in questo periodo faticano a sottostare alle misure restrittive e all’isolamento. 

Per sviluppare questo progetto l’équipe di psicologi si è raccordata con i colleghi canadesi del Resilience Research Center (RRC) della Dalhoise University che hanno attivato il protocollo “Resilience promoting curriculum for people in emergency response and first responder contexts”. Questo modello verrà riadattato alla situazione contingente italiana e che si affianca alla guida per Tutori di resilienza, costruita nell’arco di molti anni di esperienza di RiRes nei diversi contesti di vulnerabilità nazionali e internazionali in cui ha operato. 

Il progetto continuerà poi nella seconda fase post emergenza con un intervento mirato a sindaci, amministratori e medici di base dei comuni del territorio. Sono previsti, infatti, dodici incontri per sviluppare progetti di resilienza per la comunità e per ricostruire il tessuto sociale.

Gli psicologi dell’ateneo sono al momento impegnati anche su un secondo fronte internazionale insieme al Bice (Bureau International de l’Enfance) di cui la professoressa Cristina Castelli, psicologa dell’Università Cattolica, è vice presidente. L’iniziativa rivolta a circa ottanta Ong che lavorano con le famiglie intende predisporre strumenti divulgativi finalizzati a promuovere processi di resilienza individuale e famigliare e a contrastare le dinamiche disfunzionali che l’emergenza coronavirus e il relativo stato di confinamento possono generare. Segnaliamo la traduzione in 3 lingue (inglese, francese e spagnolo) e la diffusione della Filastrocca del Coronavirus, 2020 scritta da Roberto Piumini, finalizzata a raccontare tra strofe e rime chi è e come si può affrontare il nemico invisibile del coronavirus. 

«Si può dare un grande aiuto ai bambini inquieti e intimoriti da questo nemico invisibile tenendo conto dell’età - sostiene Cristina Castelli -. Ai più piccoli si possono leggere libri, fiabe, poesie, racconti, veicolando un messaggio positivo ma è anche bene attivarli facendoli disegnare, dipingere, essere attivi. Con i più grandi è importante dare dei ritmi alla giornata e farli partecipare ad attività che li rendano partecipi e li facciano sentire utili. La resilienza è una capacità che si acquisisce osservando l’esempio dei grandi che nella vita quotidiana danno sicurezza».

La famiglia in questo tempo ha riacquistato importanza. Forse era passata per così dire in secondo piano, nascosta dagli impegni di lavoro e i bambini stanno riguadagnando la relazione con i genitori che ora si sono riappropriati dei loro compiti educativi.