di Roberto Cauda *
Da alcune settimane è in corso in Cina un’epidemia di polmonite da coronavirus che ha colpito inizialmente soggetti che frequentavano il mercato del pesce della città di Wuhan, capoluogo della provincia di Hubei, zona centrale della Cina, che conta circa undici milioni di abitanti. Questa epidemia, per le sue caratteristiche cliniche ed epidemiologiche, ricorda molta da vicino quella della SARS che è avvenuta sempre in Cina nel 2003.
Ad oggi, le autorità sanitarie cinesi hanno confermato la presenza di 139 infezioni, 136 delle quali avvenute nella città di Wuhan e tre, sempre in Cina, al di fuori di questa, anche se i soggetti colpiti avevano in precedenza visitato la città. All’estero sono stati riscontrati quattro casi: due in Thailandia, uno in Giappone e uno nella Corea del Sud, tutti in soggetti che erano stati a Wuhan.
Pochi giorni or sono, i ricercatori inglesi dell’Imperial College di Londra, sulla base dei casi riscontrati al di fuori della Cina hanno ipotizzato, utilizzando un modello matematico, che il numero di soggetti colpiti da questa nuova malattia nella città di Wuhan dovrebbe essere superiore a quello ufficialmente descritto e assommerebbe a 1.723. Anche senza voler entrare nel merito di questa differenza numerica di casi, è evidente che al momento la situazione epidemiologia è piuttosto fluida e non si possono ancora trarre conclusioni definitive. Ci sono però alcuni elementi certi su cui è possibile ragionare: in primo luogo la causa di questa malattia è un coronavirus, isolato e ben caratterizzato, simile a quello della SARS, ma per alcuni aspetti diverso da questo, che è stato denominato 2019-nCoV.
Questa non è l’unica differenza con la SARS, infatti il numero di decessi (due) fino ad ora registrato per questa nuova malattia, indica senz’altro una minore gravità rispetto alla SARS, che presentava una letalità del 10%.
È altresì ragionevole ipotizzare, visto che i primi casi sono stati tutti segnalati in soggetti che avevano frequentato il mercato del pesce di Wuhan, dove vi erano anche animali vivi, che possa esistere un serbatoio animale (anche se non ancora evidenziato) in analogia a quanto avviene per la SARS e per un’altra malattia, sempre causata da un coronavirus, osservata nel Medio Oriente, la MERS. Infatti, in entrambe queste malattie il serbatoio è rappresentato dai pipistrelli che possono infettare altri animali intermedi come nel caso della MERS, i cammelli che a loro volta infettano l’uomo.
Inizialmente le autorità sanitarie cinesi avevano ipotizzato che questo nuovo coronavirus contrariamente a quello della SARS, si trasmettesse soltanto dall’animale all’uomo e non da uomo a uomo. Più recentemente, sulla base del numero progressivamente crescente di casi di malattia, alcuni dei quali insorti in soggetti che non avevano avuto contatti con il mercato del pesce di Wuhan, si è ipotizzato che possa esistere anche una trasmissione interumana. È dell’ultima ora la notizia che questa trasmissione interumana è stata confermata aprendo quindi scenari epidemiologici più complessi anche se fino a oggi questa modalità di trasmissione ha avuto probabilmente un ruolo marginale nel sostenere la diffusione epidemica della malattia rispetto all’esposizione agli animali portatori del virus.
Da un punto di vista clinico, questa nuova malattia, similmente a quanto avviene per la SARS e per la MERS, colpisce l’apparato respiratorio causando febbre, tosse, rinite, polmonite che può portare, in rari casi, a morte per insufficienza respiratoria. Non esiste al momento per questa malattia virale, come per la SARS e la MERS, alcuna terapia specifica.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in relazione alla possibile esistenze di un reservoir animale consiglia, nelle aree colpite, di evitare il contatto non protetto con animali vivi nei live market ed i contatti ravvicinati con chi presenta sintomi respiratori. Le autorità sanitarie cinesi, forti anche dell’esperienza con la precedente epidemia di SARS, hanno prontamente messo in atto delle misure di prevenzione alla diffusione della malattia che comprendono anche la messa in quarantena di persone con sintomi respiratori.
A livello internazionale, anche se l’agenzia europea di controllo delle malattie infettive ECDC ritiene basso il rischio di diffusione di questa malattia in Europa, gli Stati Uniti hanno iniziato il monitoraggio sui viaggiatori provenienti da Wuhan negli aeroporti di San Francisco, Los Angeles e JFK di New York.
Come sempre avviene in questi casi, bisognerà attendere le prossime settimane e soprattutto la pubblicazione delle ricerche virologiche e cliniche nella letteratura internazionale prima di disporre di uno scenario completo su questa nuova malattia.
* Docente di Malattie Infettive, facoltà di Medicina e chirurgia, Università Cattolica, sede di Roma