Quasi un terzo degli italiani si trova in allerta psicologica per l’emergenza coronavirus, e questo può predire la scarsa aderenza alle prescrizioni sanitarie. È il primo quadro che emerge dalla ricerca condotta dal Centro di Ricerca EngageMinds Hub nell’ambito del progetto Craft- Cremona Agri-Food Technologies e della Facoltà di Scienze agrarie alimentari e ambientali. Lo studio è stato presentato martedì 31 marzo dalla professoressa Guendalina Graffigna con una diretta sulla pagina Facebook di CattolicaNews che ha raggiunto 1.454 persone.
L’indagine ha inteso mappare le principali reazioni degli italiani all’emergenza Covid-19 in relazione alla loro capacità di “engagement”, cioè all’attitudine dimostrata nell’elaborare psicologicamente le preoccupazioni legate allo stato di emergenza e di assumere un ruolo proattivo e collaborativo nel processo preventivo. In particolare il centro EngageMinds Hub ha validato un modello psicologico di valutazione dell’“engagement” (definito People Health Engagement Model**) capace di predire le reazioni psicologiche dei cittadini e di spiegarne la maggiore o minore aderenza alle prescrizioni di contenimento del Covid 19.
Il modello permette, grazie a un test scientifico, di diagnosticare in che posizione psicologica si trova il cittadino lungo un continuum che va dai soggetti in “allerta” (i più spaventati e disorientati, che reagiscono in modo disorganizzato e disfunzionale per il sistema sanitario) ai quelli che hanno raggiunto uno stato di “accettazione”, che stanno elaborando le loro preoccupazione per la situazione in atto, tentano di mantenere la calma e di aderire alle prescrizioni terapeutiche senza però riuscire a essere del tutto razionali ed efficaci nelle loro scelte comportamentali. Infine c’è il gruppo di soggetti in “equilibrio”, che hanno compreso l’importanza di aderire responsabilmente alle prescrizioni.
«In generale, lo studio rivela come solo il 16% degli italiani sia in uno stato di “equilibrio” psicologica e quindi risulti capace di agire in modo sinergico con il sistema sanitario e le prescrizioni per ridurre il rischio di contagio. E il maggior tasso di “allerta” psicologica è presente al sud e isole e nel nord est» evidenzia la professoressa Graffigna. Inoltre, se il 35% degli italiani si dichiara preoccupato per l’emergenza nuovo Coronavirus, il dato raddoppia tra coloro che si trovano in “allerta”. E sempre tra coloro che sono in allerta, viene riportata una minore fiducia nei confronti del governo (3% contro il 7% della popolazione dichiara di avere molta fiducia); delle istituzioni sanitarie (7% contro il 19% della popolazione dichiara di avere molta fiducia) e della ricerca (19% contro il 32% della popolazione dichiara di avere molta fiducia) in questi momenti cruciali in cui si tenta di far fronte all’emergenza Covid-19.
Inoltre chi si trova in allerta, consulta più volte al giorno i social network (20% contro l’11% della popolazione italiana), aumentando così la possibilità di esposizione e diffusione di fake news. Interessante anche notare che, se solo un terzo degli italiani intervistati si dichiara fiducioso nell’efficacia dei vaccini (28%), questa fiducia aumenta significativamente tra chi è nella posizione di “equilibrio”.
I diversi livelli di engagement risultano predittivi anche dei consumi quotidiani. In che modo professoressa? I cittadini in particolare quelli “in allerta” hanno fatto scorte di cibo per la paura del Covid-19 in maniera maggiore rispetto alla media degli italiani (9% contro 6%), acquistando in particolare alimenti in lattina. Hanno comprato inoltre in maniera maggiore anche farmaci (13% contro il 9% degli italiani) e prodotti per la disinfezione personale (27% contro 18%). Inoltre chi è in allerta si dichiara meno propenso all’acquisto di prodotti alimentari provenienti dalle “zone focolaio” (solo il 35% li acquisterebbe contro il 51% degli italiani e l’85% di chi si trova in “equilibrio”).
Ma qual è quindi il valore aggiunto di profilare i cittadini sulla base del loro livello di Engagement? Rendere consapevoli i cittadini e i consumatori del loro ruolo cruciale nell'evitare la rapida diffusione del virus è un obiettivo primario per rendere efficace il processo preventivo del nuovo coronavirus. Da questa prospettiva, l'epidemia di Covid-19 costituisce un terreno straordinario in cui lavorare nel rafforzare la capacità dei cittadini di far fronte a questo rischio per la salute e di adottare comportamenti sanitari responsabili. Poter identificare e prevedere il profilo dei cittadini è fondamentale al fine di accompagnarli in questo processo di maturazione psicologica della percezione di sé come responsabili della salute propria e della comunità. Tale elaborazione consiste nel passare dal considerarsi come "consumatori finali" a partner attivi del sistema sanitario. La reale situazione dell'epidemia Covid-19 in Italia può diventare quindi un banco di prova – seppur nell’estrema difficoltà cui oggi gli italiani devono far fronte - per sostenere un cambio culturale nel modo in cui i cittadini si interfacciano al sistema sanitario e sperimentare, dunque, strategie educative in grado di sostenere questo cambiamento.