di Katia Biondi e Paolo Ferrari
Per la prima volta in Italia l’Europa della ricerca dialoga con addetti ai lavori e società civile in un incontro di lavoro pubblico e lo fa all’Università Cattolica del Sacro Cuore, presentando il nuovo programma di ricerca Horizon Europe 2021-2027. «Il nostro Ateneo è fiero di ospitare la prima iniziativa pensata per far dialogare l’Italia con gli organi di programmazione delle Mission della ricerca europea che stanno per scrivere l’Agenda europea 2021-2027 per la ricerca e l’innovazione», ha dichiarato il rettore Franco Anelli, introducendo i lavori della giornata “La ricerca Mission-oriented di Horizon Europe 2021-2027. Quali opportunità per l’Italia”.
«Parlare di scienza e parlare di Europa rivela un problema comune: uscire dai palazzi e cercare di raggiungere il grande pubblico che nei confronti dell’Unione come della scienza ha atteggiamenti di scetticismo, di indifferenza e di scarsa fiducia, se non addirittura di negazionismo», ha affermato Massimo Gaudina, capo della Rappresentanza della Commissione europea a Milano, soddisfatto per la grande partecipazione in aula magna di rappresentanti della comunità scientifica, del mondo accademico, di amministratori locali e della società civile.
Oltre 500 persone sono infatti intervenute a Milano mercoledì 5 febbraio in largo Gemelli per contribuire a identificare le direzioni di ricerca attorno alle quali si svilupperanno le attività più importanti di impatto della ricerca europea sulla società, sull’economia e sulla cultura dei prossimi sette anni, come ha spiegato il professor Roberto Zoboli, delegato del rettore per la ricerca scientifica e la sostenibilità.
Tre i pilastri del programma, per il quale sono stati previsti per i prossimi sette anni investimenti pari a 100 miliardi di euro (rispetto ai 77 di Horizon 2020), secondo le intenzioni della Commissione europea, confermate nel collegamento a distanza dall’onorevole Patrizia Toia, vice-presidente della Commissione Industria, Ricerca, Energia del Parlamento Europeo. «Perché le risorse siano ben utilizzate occorre un approccio di sinergia per concentrare gli obiettivi sui tre pilastri di Horizon», conclude la parlamentare europea.
Uno dei pilastri più innovativi, di cui si è parlato in Università Cattolica, è la ricerca mission oriented. Le missioni di ricerca sono una modalità nuova di concepire, disegnare, implementare, monitorare e valutare specifiche sfide legate ai cluster prioritari, cercando anche di comunicare al grande pubblico i progetti. Le cinque sfide sono quella della ricerca sul cancro, con presidente del board Walter Ricciardi dell’Università Cattolica, quello sulle smart cities e le città a impatto climatico zero che rispondono anche a uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite; ci sono poi la missione sui mari e sugli oceani, la missione sull’adattamento al climate change e all’impatto sulla società (di cui la professoressa dell’Università Cattolica Laura Zanfrini è rappresentante italiano nel board), infine quella sul suolo e l’alimentazione.
«È una partita che non possiamo abbandonare, anche se non abbiamo ancora definito gran parte dei dettagli di come saranno fatte le mission», ha osservato Marco Falzetti, direttore dell’Agenzia per la Promozione della ricerca europea. «Come responsabile di Apre ho il dovere di ricordare quanto sia importante. Per un Paese che ha una limitazione nella disponibilità di fondi di ricerca la partita europea non è solo una opportunità ma è anche necessaria».
Una partita che la Cattolica, nell’ultimo quinquennio, ha giocato incrementando la partecipazione a progetti finanziati nell’ambito di Horizon 2020, raggiungendo, nel 2018, un tasso di successo pari al 12,66%, superiore al tasso di successo nazionale che si attesta all’11,9%. L’aumento nella partecipazione dell’Ateneo è particolarmente rilevante nel pilastro “Excellent Science” di Horizon 2020, che premia la ricerca di base con un approccio bottom-up.
Secondo il professor Giorgio Rossi, membro italiano del Governing Board di European Open Science Cloud (Eosc), «l’Italia investe in infrastrutture di ricerca eccellenti e ne gestisce nel campo della fisica, della terra solida, dell’atmosfera e della ricerca in ambito sociale». «Le mission possono sfruttare le infrastrutture di ricerca per fare ricerca, in modo intrinsecamente multidisciplinare, su questioni complesse, che necessitano di dati scientifici sicuri», come nel caso dell’adattamento al cambiamento climatico e del suo impatto sulla società.
Quali sono i percorsi da seguire per affrontare problematiche così articolate? A dare qualche suggerimento Jaroslav Mysiak, direttore ‘Risk assessment and adaptation strategies’ dell’Euro-Mediterranean Centre on Climate Change - Membro e Rapporteur del Mission Board ‘Adaptation to Climate Change and Societal Transformation’: «In primis la pianificazione, poi la riduzione dell’impatto climatico, il foot print di ogni cittadino e delle imprese. Quindi assumere comportamenti per ridurre questo rischio».
Nelle parole di Mysiak, la speranza che i mission board traccino un nuovo percorso per l’Europa ma anche per il mondo come modello da seguire E siano in grado di mobilitare l’attenzione del grande pubblico come è stato in grado fare, soprattutto tra bambini, adolescenti e giovani, ma anche tra gli adulti, la giovane attivista svedese Greta Thunberg.
Nel pomeriggio i partecipanti all’evento hanno avuto l’opportunità di manifestare orientamenti, aspettative, suggerimenti raccolti nei cinque tavoli di lavoro paralleli dedicati ai seguenti temi:
1. Transizione dei paradigmi di produzione e consumo;
2. Biodiversità, bioeconomia, capitali naturali;
3. Governance dei territori e capitali antropologici;
4. Rischi, innovazione sociale, comunità resilienti;
5. Smart cities e rapporti centri-periferie.
Le conclusioni sono state affidate a una seconda sessione plenaria coordinata da Laura Zanfrini che ha sintetizzato le indicazioni emerse dagli stakeholder, utili ai rappresentati dei mission board per scrivere l’agenda europea della ricerca 2021-2027.