* di Carlo Galimberti

Martedì 15 gennaio, presso la Chiesa di Santa Maria di Caravaggio in Milano, si sono svolti i funerali di Fabiana Gatti, per nove anni ricercatrice a tempo determinato di Psicologia sociale della comunicazione presso la Facoltà di Lettere e Filosofia. Fabiana ci ha lasciati dopo sedici mesi di dura lotta con un male che, pur rendendole difficile la vita di relazione così come lo studio, non l’ha però mai allontanata dalla nostra Università, dove era entrata come matricola nel 1989. 

Dopo la laurea in Lettere si era dedicata allo studio della Psicologia, laureandosi anche in questa disciplina nel 1999 per proseguire poi la sua formazione con il dottorato in Psicologia sociale conseguito nel 2003 con la discussione di una tesi sul tema “Comunicazione e nuove tecnologie; sviluppo e mantenimento delle relazioni di fiducia nell’e-commerce” premiata dalla sezione di Psicologia sociale dell’AIP come miglior tesi di dottorato per quell’anno. 

Da allora Fabiana Gatti è cresciuta come ricercatrice attraverso un impegno costante e una capacità di lavoro che ha unito in modo unico attenzione alla rilevanza sociale dei temi di studio, sensibilità metodologica e disponibilità totale agli studenti incontrati nell’attività didattica. Insieme a chi l’ha conosciuta lavorando con lei in Facoltà di Lettere e Filosofia, così come all’interno del Dipartimento di Psicologia, mi sono più volte chiesto in questi giorni da dove le venisse la capacità di tenere mirabilmente assieme lucidità di pensiero e passione per l’umano. 

La risposta ce l’ha data lei stessa in uno scritto recente, letto in occasione dei funerali, in cui, tra l’altro, ha affermato che “vedere i miei educatori, i miei genitori che non si sono mai risparmiati, (…) impegnati in parrocchia, nel sociale, vedere il loro impegno, mi ha sempre dato l'idea che valesse la pena vivere una vita per far star bene anche gli altri”. 

Una radice tanto salda quanto profonda, da cui Fabiana non si è mai staccata nel corso della sua carriera, traendone linfa per affrontare temi diversi tra loro, ma sempre caratterizzati dall’attenzione alle persone e alle loro relazioni: dagli studi dedicati alle culture d’uso delle nuove tecnologie nei giovani, negli adulti e negli anziani all’analisi del turismo inteso come fenomeno psicosociale; dalla discussione del ruolo dell’etica nella ricerca in psicologia al coaching per operatori di servizi di assistenza telefonica; dallo studio del funzionamento organizzativo delle onlus intese come imprese culturali e di rinnovamento sociale alla promozione di salute e sicurezza negli ambienti di lavoro. 

Guardando all’indietro e considerando gli anni di lavoro comune, l’elemento che più colpisce nella produzione di Fabiana Gatti, così come nel suo stile relazionale, è l’attenzione all’altro espressa - sia in ambito professionale, sia nelle relazioni quotidiane - da una capacità di ascolto che la rendeva unica: anche qui il riferimento a un passaggio del suo scritto citato in precedenza ci aiuta a capire da dove le veniva questa capacità: “Mi piacerebbe che il mio stile di vita fosse quello di ascoltare (…), di mettermi nei panni dell’altro per capire che cosa prova per potere generare alternative e per lasciare all’altro la sua responsabilità. Quando riesco a farlo, questo è una grandissima benzina per me perché vedo che l’amore genera amore”. E in questo, principalmente, sta il senso dell’eredità umana e scientifica di Fabiana Gatti, un dono di cui non smetteremo mai di ringraziarla. 

* Professore ordinario di Psicologia sociale in Università Cattolica