«Il fatto che l’onnipotente, l’eterno, il totalmente altro, si è fatto assolutamente prossimo e ha preso dimora nel tempo e nello spazio, ci dice che l’infinito può abitare nel frammento del cuore umano e dilatarlo nella misura stessa dell’amore immenso di Dio. È questa la scintilla che è in grado di trasformare la scienza in sapienza, la conoscenza in passione educativa». È uno dei passaggi dell’editoriale che il vescovo monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica, ha scritto per il numero 6/2019 di “Presenza” in vista del Natale. Lo proponiamo qui sotto integralmente.

di monsignor Claudio Giuliodori *

Ancora una volta Papa Francesco ci sorprende. Con una visita lampo nel pomeriggio della prima domenica di Avvento, si è recato a Greccio, nel luogo dove San Francesco nel 1223 realizzò la rappresentazione del presepe dando vita a una tradizione tra le più importanti e diffuse della fede cristiana. Lo ha fatto per firmare e rendere pubblica una lettera dedicata al presepe. Una bella tradizione da conservare e riproporre, utile per alimentare la fede dei credenti e ricca di spunti sapienziali preziosi per tutta l’umanità.

Riprendendo le parole iniziali del testo latino la lettera porta il titolo Admirabile Signum, dove il segno mirabile è soprattutto l’evento che il presepe vuole ricordare: il fatto sorprendente e straordinario di Dio che si fa uomo e si presenta umile e povero come bambino accolto in una mangiatoia. Spiegando i significati dei vari elementi, che alla luce della narrazione evangelica e della ricca tradizione vanno a dare forma al presepe, il Papa vuole richiamare la centralità e il valore del mistero dell’Incarnazione.

«Come sempre, Dio sconcerta, è imprevedibile, continuamente fuori dai nostri schemi. Dunque il presepe - afferma il Pontefice -, mentre ci mostra Dio così come è entrato nel mondo, ci provoca a pensare alla nostra vita inserita in quella di Dio; invita a diventare suoi discepoli se si vuole raggiungere il senso ultimo della vita» (n. 8). Cogliamo in questo passaggio il richiamo a una speciale valenza educativa che nella parte conclusiva della lettera diventa ancora più esplicito, perché il Natale: «in ogni età della vita, ci educa a contemplare Gesù, a sentire l’amore di Dio per noi, a sentire e credere che Dio è con noi e noi siamo con Lui» (n. 10).

Allestire il presepe negli spazi della nostra università assume pertanto un eminente valore pedagogico che, alla luce delle riflessioni del Santo Padre, ci aiuta a comprendere meglio anche il senso di alcune tappe significative per la missione educativa del nostro ateneo. Penso in particolare alle iniziative legate all’economia di Francesco, con l’evento che si terrà ad Assisi nel mese di marzo o all’appuntamento di maggio a Roma per dare vita a un grande patto educativo, mentre ci prepariamo a celebrare con il nuovo anno accademico 2020-2021 i primi cento anni di vita dell’Ateneo.

Accostarci a tutto questo nell’orizzonte del Natale può essere di grande aiuto. L’Incarnazione di Dio, infatti, sollecita e genera una modalità di conoscenza della realtà che va oltre le categorie classiche dell’epistemologia. Il Verbo che si fa carne introduce una nuova forma di episteme. Guardare le cose con gli occhi di Dio che si fa uomo significa mettere al centro non tanto l’approccio formale quanto piuttosto l’insondabile mistero di ogni esistenza umana, unica e irripetibile, a cui il Signore si fa prossimo.

Si muove in questa direzione anche l’istanza di rinnovamento epistemologico sollecitata da Papa Francesco nel discorso rivolto alla Fiuc (Federazione Internazionale delle Università Cattoliche) lo scorso 4 novembre dove, oltre a ricordare l’impegno degli atenei cattolici nel campo della cultura e del dialogo tra la scienza e la fede, ha invitato a ripensare anche lo stesso approccio alla conoscenza, rielaborando i tradizionali paradigmi epistemologici.

Il Pontefice afferma che «per affrontare il tema dei perché - cioè della sfera etica - nel campo educativo» occorre andare oltre l’epistemologia tradizionale fondata sul «carattere impersonale di ogni conoscenza come condizione di oggettività». Da qui l’invito a sviluppare «una nuova episteme della vita» che sappia includere «la forma mentis, le convinzioni normative, le categorie, la creatività, le esperienze esistenziali del soggetto» perché esse «rappresentano una “dimensione tacita” della conoscenza ma sempre presente, un fattore indispensabile per l’accettazione del progresso scientifico».

Il principio di questa nuova epistemologia, che potremmo definire esistenziale, ossia incarnata nella storia delle persone, possiamo comprenderla meglio nella singolare luce del Natale. Il fatto che l’onnipotente, l’eterno, il totalmente altro, si è fatto assolutamente prossimo e ha preso dimora nel tempo e nello spazio, ci dice che l’infinito può abitare nel frammento del cuore umano e dilatarlo nella misura stessa dell’amore immenso di Dio. È questa la scintilla che è in grado di trasformare la scienza in sapienza, la conoscenza in passione educativa.

In questa prospettiva, secondo la Christus vivit (cfr. nn. 202-223), le università cattoliche costituiscono la frontiera avanzata per sperimentare nuovi percorsi educativi che sappiano coniugare i grandi valori della tradizione cristiana con la concretezza del vivere quotidiano e le istanze di un’umanità che attende risposte pertinenti e coraggiose ai grandi problemi del nostro tempo.

* assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore