«Alla facoltà di Scienze della formazione sta a cuore, come a tutta l’Università, coltivare il rapporto con i singoli studenti. Per questo sono già state progettate le linee della didattica per il prossimo anno che garantiscono la possibilità di organizzare sia incontri in presenza sia a distanza attraverso una didattica che si avvale dei nuovi strumenti formativi» - ha dichiarato in apertura il preside Luigi Pati che ha poi presentato l’offerta formativa della Facoltà nei tre campus di Milano, Brescia e Piacenza.
In particolare il corso triennale in “Scienze dell’educazione e della formazione” apre a tre ambiti diversi. Il primo è quello dei servizi per la prima infanzia a cui gli studenti possono accedere grazie alla riorganizzazione del corso che ora garantisce anche l’acquisizione dei 55 crediti formativi necessari per essere abilitati a questa professione. Il secondo è il settore dei servizi alla persona, ossia le strutture che riguardano la crescita personale, e il terzo è relativo alla formazione degli adulti in riferimento anche agli ambienti di lavoro. L’offerta della facoltà si avvale poi del corso in “Scienze motorie e dello sport” interfacoltà con Medicina e Chirurgia con i due orientamenti scolastico-adattivo e sportivo-manageriale. Infine la magistrale a ciclo unico in “Scienze della formazione primaria” nelle sedi di Milano e Brescia è il tradizionale corso che forma gli insegnanti del primo ciclo scolastico e a cui si accederà tramite prova di ammissione il 16 settembre.
La parola è passata poi ai singoli coordinatori dei corsi nelle sedi. A cominciare da Monica Amadini, docente di Pedagogia generale, che ha specificato le caratteristiche dei corsi erogati a Brescia relativi al mondo dell’infanzia.
Oggi i servizi per l’infanzia sono un universo variegato che va dai classici nidi per bambini da 0 a 3 anni, ai nidi familiari, aziendali, agli agri-nidi, fino ad alternative flessibili come il tempo per le famiglie, le ludoteche, gli spazi gioco.
In questi mesi di emergenza sono emerse molte necessità che hanno riconvertito la professionalità degli educatori e degli insegnanti laureati presso questi corsi. «Sbocchi professionali possibili, come abbiamo visto di recente, sono anche relativi al supporto alle famiglie, laddove le necessità non sono solo dei più piccoli ma anche dei loro genitori e della famiglia - ha precisato la pedagogista -. Si possono mettere in gioco originalità di servizio e creatività come nel caso dell’assistenza domiciliare proprio perché sono aumentate le fragilità e le povertà educative».
Altre opportunità di placement sono le comunità di minori, sia quelle residenziali, sia quelle che accolgono bambini solo per una parte della giornata, le comunità-famiglia, e ancora l’attività animativa, gli educatori di strada e territoriali. Insomma una “educazione diffusa” che prevede professionalità flessibili e inedite.
La Facoltà apre poi all’ambito dell’educazione e della formazione degli adulti di cui ha parlato Lucia Boccacin, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi. La società cambia molto velocemente in questo tempo concentrandosi su professioni basate su più competenze disciplinari e su un’attenzione specifica a tutti i bisogni della persona, anche adulta, anziana o disabile.
«Le professionalità a cui apre questo corso si possono svolgere all’interno di contesti che sono servizi alla persona in tutte le sue esigenze (bisogni dovuti a disagi da dipendenze, o psichici, a disabilità, o a problematiche degli anziani). Ognuno è unico e irripetibile e non può essere standardizzato, ecco perché parliamo di servizi alla persona - ha spiegato la docente -. Il traguardo è essere in grado di trattare con una pluralità di bisogni che consentano alle persone di ridurre il proprio disagio ed eventualmente migliorare la qualità della propria vita. In tre parole prendersi cura delle ammaccature, dell’umore, delle speranze delle persone in difficoltà».
Alla base della formazione c’è dunque la cura dell’altro perché educare è un processo che dura tutta la vita. Mai come in questo tempo si sono rivelate fondamentali le figure di educatori all’interno delle RSA per aiutare gli anziani a interagire con le famiglie attraverso gli strumenti digitali. Riconoscere e custodire l’immenso patrimonio che si genera nelle relazioni richiede le conoscenze pedagogiche, psicologiche, sociologiche che il corso di Scienze dell’educazione e della formazione fornisce.
La Facoltà offre anche il tradizionale corso in Scienze motorie e dello sport di cui ha parlato il coordinatore Francesco Casolo, docente di Didattica e metodologia delle attività motorie. «Nei mesi scorsi abbiamo provato la costrizione, l’impossibilità di muoverci e sono infatti dilagate le proposte dell’home fitness. Muoversi è importante. Il nostro corso di laurea prepara gli operatori che potranno dare consigli e suggerimenti per potersi muovere in modo corretto» - ha spiegato il docente. Le tipologie di insegnamento nel corso sono tre: negli ambiti psico pedagogico, bio medico e motorio sportivo. Futuri allenatori, insegnanti di educazione motoria e fisica nelle scuole, trainer sono le professioni a cui il corso abilita diffondendo la cultura del movimento. Grazie agli accordi con le federazioni sportive gli studenti hanno l’opportunità di prendere i brevetti necessari per presentarsi alle federazioni stesse, o alle palestre private, o nel circuito scolastico. Il corso, che svolge tutta l’attività pratica presso il centro sportivo Rino Fenaroli a Milano, ha una prova di ammissione orale in diverse date dal 7 luglio al 17 settembre.
Ha chiuso l’incontro Alessandra Carenzio, ricercatrice di Cremit, che ha sottolineato la fondamentale importanza della didattica blended e degli strumenti che i ricercatori dell’Ateneo utilizzano da anni. «Sono due le logiche emerse dall’esperienza di questi mesi - ha detto Carenzio -. La logica strumentale vede il digitale come un ambiente mediatore per una didattica integrata tra aule fisiche e virtuali usate come repository di materiali (video, studi di caso, lezioni, materiale didattico). C’è poi la logica digitale come risorsa culturale. Il digitale diventa esso stesso oggetto di riflessione e studio». Tutti abbiamo sperimentato di recente la difficoltà di condividere gli spazi, fare diete mediali e di consumi. Le tecnologie sono sempre più di comunità e questo vale anche per la comunità universitaria.
«Perché le cose accadano ci vuole un luogo - ha concluso la docente reinterpretando un claim dell’Ateneo -: non solo un luogo fisico, ma di relazione e comunità. Basta che sia fatto di intenzioni».
La giornata dell'OpenWeek di oggi ha raggiunto 94.536 persone, ha avuto 1.896 interazioni e 15.417 visualizzazioni.
Al termine della giornata al talk “Come ripartire e come ripartire dall’Università” sono intervenuti Fausto Colombo, delegato del Rettore alle attività di comunicazione e promozione dell’immagine dell’Ateneo e direttore del Dipartimento di Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo, Guendalina Graffigna, direttore del Centro di ricerca Consumer and health engagement research center (EngageMinds HUB) e Ivana Pais, docente di Sociologia dei processi economici. Ha moderato il dibattito il direttore della Comunicazione dell’Università Cattolica, Daniele Bellasio.