Lo studioso austriaco Kurt Gödel riteneva fosse possibile dimostrare l’esistenza di Dio con un teorema matematico: “Se Dio è possibile, allora esiste necessariamente. Ma Dio è possibile. Quindi esiste necessariamente”. Può il cosiddetto “teorema di Dio” influire sulla scelta, da parte di un giovane universitario che da bambino voleva diventare ingegnere navale, di intraprendere il cammino sacerdotale? A quanto pare sì.
«La mia vocazione è nata sin da quando ero è piccolo. Già da allora provavo un forte attaccamento per le figure sacerdotali. Anche il percorso di studi ha influito sulla mia crescita spirituale. È lì, alla facoltà di Scienze matematiche della sede bresciana dell’Università Cattolica che ho maturato la mia vocazione». È con queste premesse che il 28enne don Alberto Comini si appresta a pronunciare il suo sì per sempre. Cosa possono avere in comune la fede e la matematica? «Quest’ultima – è la ferma convinzione di don Alberto – parla dell’eternità di Dio. Del resto, rispetto a quelle che possono essere, per esempio, le opere d’arte, per loro natura soggette al logorio del tempo, le idee matematiche non tramontano mai. Non possono essere distrutte. Qualcosa di Dio e della sua bellezza la matematica lo riflette».
Negli anni del Seminario don Alberto ha incontrato molte persone, tra questi il giovane seminarista Michele Rinaldi che a settembre verrà ordinato diacono. Don Alberto l'ha incontrato quando frequentava il percorso Emmaus, in una fase di grande discernimento vocazionale. «Di lui − racconta Michele − mi colpì la grande gentilezza, l'affabilità. È una persona molto pacata, a tratti contraddistinta da una certa seriosità, soprattutto nella lettura dei fatti quotidiani. È una capacità di analisi, la sua, molto profonda. Ha anche, però, un lato ironico che magari non viene colto subito. Quando inizia a ridere la sua risata è veramente contagiosa».
Che sacerdote sarà don Alberto? «Sicuramente − risponde senza esitazioni Michele − sarà un ministro con un grande cuore, capace di una spiccata umanità. Le persone che incontrerà troveranno in lui una persona della quale fidarsi, una guida che potrà consigliarli per il meglio». “Fides et ratio”: l’enciclica di Giovanni Paolo II fotografa alla perfezione don Alberto. Ne è convinto l’amico Michele: «Il suo rigore scientifico non sfocia mai in un arido razionalismo. Del resto, è opinione comune, don Alberto è capace di coniugare perfettamente la fede e la razionalità». Michele non ha dubbi: «Chi lo incontra non può non notare la serenità che lo contraddistingue. Sta camminando sulla strada giusta. Ha trovato la sua vocazione. Non c'è dubbio». Il tempo stringe e il giorno in cui don Alberto, in piazza Paolo VI, pronuncerà il suo per sempre, si fa sempre più vicino: «Come è ovvio che sia − chiosa Michele − lo vedo trepidante, non solo per l’ordinazione, anche per l’attesa del giorno della sua prima Messa».
“Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”. È questo il versetto del Vangelo di Matteo che serba con maggiore affetto, nel cuore, don Alberto. «Sono parole che ho imparato a conoscere durante una conversazione con il mio professore di matematica quando mi interessai alle prove sull’esistenza di Dio. Sono stati molti i logici e i matematici che si sono cimentati nel provare l’esistenza di Dio». Eppure il sacerdozio e la matematica, per l’apparente complessità della loro natura, possono talvolta spaventare. Don Alberto, pur ammettendo questa condizione, ribatte con una frase di John von Neumann: “Se la gente non crede che la matematica sia semplice, è soltanto perché non si rende conto di quanto complicata sia la vita”. Ma a fronte delle avversità dell’esistenza, dei coni d’ombra che questa serba, si staglia “l’immensità di Dio, luce sul nostro cammino”.