Un virus che sembrava essere scomparso ma che sta riprendendo prepotentemente la scena. E torna a far paura. Il morbillo è in aumento in tutta Europa secondo l’Oms. Tra i più colpiti dall’infezione c’è la Romania e molti casi vengono segnalati in altri 10 Paesi. Solo in Italia nell’ultimo anno se ne contano ben 1.920, stando anche ai dati più recenti pubblicati dal bollettino del ministero della Salute. Siamo di fronte a una nuova emergenza sanitaria? Lo abbiamo chiesto al professor Piero Valentini (nella foto a sinistra), direttore dell’Unità Operativa Complessa di Pediatria del Policlinico Gemelli e docente di Malattie infettive alla facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica di Roma.
«Stiamo assistendo a una vera epidemia» sostiene il professore della facoltà di Medicina e Chirurgia della sede di Roma. «Non è un evento straordinario di per sé: ogni malattia infettiva ha delle fasi epidemiche che si ripetono annualmente, con oscillazioni nel corso degli anni ma, in virtù della vaccinazione, si era ottenuto un notevole calo dei casi negli ultimi anni».
Che cosa è successo allora? «La riduzione della percentuale di soggetti vaccinati e la scarsa attenzione nei confronti della schedula vaccinale, che prevede una seconda dose fra 5 e 7 anni, comunque prima del periodo puberale, ha creato i presupposti per quello stiamo osservando. Infatti, a essere colpiti sono molti giovani-adulti, non vaccinati o vaccinati in modo incompleto e, di conseguenza, i bambini più piccoli, nel primo anno di vita».
Quali sono le cause scatenanti del morbillo? «Più che di cause scatenanti, è meglio parlare di fattori favorenti: essendo una malattia altamente contagiosa, le situazioni di sovraffollamento favoriscono la trasmissione interumana. Naturalmente, maggiore è il numero dei soggetti recettivi, maggiori saranno le possibilità che l’epidemia si allarghi. Ovviamente, scadenti condizioni di salute, malnutrizione, scarsa igiene aumentano le possibilità di diffusione: in molti Paesi in via di sviluppo il morbillo è molto temuto per l’elevato tributo in vite umane che viene pagato a ogni fase epidemica».
Quali le conseguenze più gravi? «Le conseguenze peggiori sono legate alle complicanze, precoci e tardive: le prime sono rappresentate soprattutto dal coinvolgimento polmonare e cerebrale; le seconde soprattutto dalla panencefalite subacuta sclerosante, una rara malattia degenerativa del sistema nervoso centrale, che insorge a distanza di anni dall’infezione, con un tasso variabile fra 4 e 11 casi ogni 100.000 casi di morbillo, in particolare quelli insorti nei primi due anni di vita. Sono, dunque, i più piccoli e i più deboli a rischiare di più nell’incontrare questo virus».
Come si stanno attrezzando le diverse regioni? «I centri vaccinali sono i luoghi deputati a svolgere le pratiche di immunizzazione: ovviamente, se non vengono utilizzati al momento giusto, possono trovarsi in difficoltà nel dover soddisfare un numero aumentato di richieste concentrate in poco tempo. In questo senso, è necessario che nel nostro Paese evolva la cultura vaccinale, spesso minata da correnti di pensiero contrarie alle pratiche vaccinale».
Eppure non mancano le polemiche sul fatto che in molti casi le Asl non sono in grado di rispondere alle numerose richieste di vaccinazioni anche di altri tipi di infezioni, per esempio il meningococco b? «L’opinione pubblica è dimentica di epoche non recenti in cui alcune malattie, ora non più rilevabili, erano pesantemente presenti in età pediatrica. Si dice che il peggior nemico dei vaccini siano i vaccini stessi: la loro efficacia ha modificato sostanzialmente il panorama epidemiologico nazionale, allontanando la paura da malattie gravi; paura che, però, è sempre dietro l’angolo, pronta a riapparire appena i risultati ottenuti vengono, magari solo apparentemente, messi in discussione, come sta accadendo oggi con il morbillo e poco tempo fa con il focolaio epidemico di meningite in Toscana. Le vaccinazioni vanno effettuate al momento giusto, in modo corretto, seguendo le strategie disegnate dalle schedule vaccinali».
Ci sono alcune regole base da seguire per non ammalarsi, almeno per chi non si è ancora vaccinato? «Non si può vivere in isolamento, naturalmente. Comunque, per chi non è vaccinato sarà bene evitare i soggetti che presentano i sintomi compatibili con il morbillo, lavare sempre bene le mani dopo avere avuto contatti con altre persone, evitare i luoghi sovraffollati, soprattutto nei periodi epidemici (fine inverno-primavera), vaccinarsi al più presto, per chi non lo ha ancora fatto, completare la vaccinazione, per chi ha già ricevuto una prima dose».
Come combattere le bufale che imperversano sui social media? «È un preciso dovere dei medici e di chiunque operi in ambito sanitario, dando innanzitutto l’esempio, diffondendo il più possibile le informazioni utili a comprendere l’importanza dei vaccini e rispondendo con tesi basate su evidenze scientifiche, che mancano alle teorie portate avanti da chi è contrario ai vaccini. Io suggerisco spesso, in modo provocatorio, di non effettuare i vaccini e di andare a fare un viaggio in taluni Paesi africani, dove le madri si sobbarcano la fatica di lunghi viaggi fino al centro sanitario più vicino, pur di sottoporre i propri figli alle pratiche vaccinali. Per chiunque voglia leggere delle risposte ragionate, scientificamente valide, alle principali tesi dei movimenti anti-vaccini, suggerisco di consultare il sito dell’Istituto Superiore di Sanità o dell’Organizzazione Mondiale della Sanità».