Perché ha senso parlare di organizzazione del potere giudiziario? Esiste un equilibrio tra i principi e gli organismi del nostro ordinamento giurisdizionale, sanciti nel Titolo IV della Costituzione relativo alla magistratura? Sono solo alcuni interrogativi cui ha cercato di rispondere nella sua doppia veste di professore e giudice Giuseppe Verde. Docente di Diritto costituzionale all’Università degli Studi di Palermo e giudice del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Sicilia e tra i massimi esperti in Italia di potere giudiziario e organizzazione della magistratura, è intervenuto nell’ambito della lezione del corso di Diritto costituzionale presieduto dal professor Alessandro Mangia, nella facoltà di Giurisprudenza.
Nel presentare Giuseppe Verde, il professor Mangia ne ha messo in evidenza proprio il suo doppio ruolo quale studioso, incardinato nell’Università di Palermo - culla del diritto pubblico che in passato ha visto la docenza di illustri maestri del diritto del calibro di Vittorio Emanuele Orlando e Santi Romano -, e giudice di quel particolare tribunale siciliano, organo giurisdizionale e di consulenza giuridico-amministrativa, articolato in due distinte sezioni, consultiva e giurisdizionale, creato per ampliare ulteriormente l’autonomia della regione siciliana, facendo in modo che le funzioni giurisdizionali, di competenza del Consiglio di Stato, vengano esercitate in loco.
Se nella dottrina degli anni Sessanta il compito del ministro della Giustizia di organizzare il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia era inteso in senso servile, di procurare scrivanie e inchiostro, come si disse allora, ora si evidenzia l’ordine della magistratura autonomo e indipendente da ogni altro potere, nel senso di potere che si realizza proprio nella funzione giurisdizionale.
Aspetti su cui è importante fare chiarezza, ha detto il professor Mangia. «È da tempo che la magistratura in Italia si trova in una posizione particolare e anomala tanto in termini positivi quanto in termini negativi. Questo genera uno squilibrio sia nell’organizzazione complessiva dello Stato sia nel funzionamento della separazione dei poteri – ha osservato Mangia –. Tutto ciò pone tanti problemi di vita quotidiana per il semplice fatto che, ormai, essendosi molto indebolito il vincolo del giudice alla legge del diritto scritto ed essendosi affermata una grande libertà di interpretazione da parte dei singoli giudici, è chiaro che si rischia di tornare in una fase di particolarismo giudiziario che non giova a nessuno».
Nella sua doppia veste di docente e di giudice, Giuseppe Verde è riuscito a fornire un’attenta lettura dei problemi connessi all’organizzazione della magistratura, alle interferenze tra CSM e Ministro e alle garanzie di indipendenza della magistratura.
Il titolo IV della Costituzione tratteggia il delicato equilibrio costituzionale tra questi poteri e sancisce la competenza del giudice ordinario, la riserva di legge e la soggezione del giudice alla legge (“il giudice bocca della legge”, come si suol dire). Tale equilibrio, a detta del professor Verde, non si è raggiunto in quanto le competenze tra gli organi sono state stravolte da prassi e decisioni giurisprudenziali. Per realizzarlo occorre tenere presente l’attuale contesto sociale, considerare le trasformazioni nel campo del diritto e le prospettive di trasformazione dei principi costituzionali.