Blockchain, data analytics, big data, algoritmi. Sono le tecnologie di ultima generazione della digital economy che proiettano le aziende verso nuove e allettanti frontiere di business. Possono però nascondere trappole insidiose perché danno accesso a un’enorme quantità di informazioni sulle nostre vite. Servono regole chiare, come quelle che introduce, su informativa e consenso, il Regolamento europeo per il trattamento dati n. 2016/679 (GDPR), che obbliga le imprese a una serie di procedure di compliance. Termine ultimo, per la sua piena applicazione in Italia, il 25 maggio.
A livello economico, politico e sociale sarà una vera rivoluzione. Ne è convinto Enrico Guarnerio, esperto di risk-management e presidente di Strategica Group: «Il Regolamento europeo acuisce il divario tra chi sa gestire i rischi derivanti dal trattamento dei dati attraverso le nuove tecnologie e chi non possiede le necessarie competenze o non si dota dei mezzi necessari e si espone alla minaccia di un’amplificazione di questo rischio».
Per le aziende significa fare i conti con un cambiamento organizzativo: «Dotarsi di uno strumentario adeguato a valutare e individuare comportamenti, che possono avere conseguenze di tipo sanzionatorio e risarcitorio, è sempre più indispensabile in ambito aziendale e può richiedere una revisione dei processi interni specie per quanto riguarda le realtà medio piccole, che oggi presentano forti lacune, sia a livello tecnologico sia a livello di risorse».
Una rivoluzione che rende necessari nuove competenze e nuovi profili professionali. Secondo Fabio Rastrelli, della Direzione Centrale Tutela Aziendale di Intesa Sanpaolo, education e ri-education sono le sfide su cui puntare. «Saper leggere e interpretare il flusso delle informazioni e i big data è diventato basilare per le organizzazioni, così come essere in grado di comprendere i mutamenti di contesto. Ancora più delicato è l’approccio se si parla di asset o di dati personali».
«Occorrono regole sufficientemente flessibili da poter essere applicate a seconda delle diverse realtà, senza dimenticare l’effetto prodotto dalle nuove tecnologie» osserva Roberto Lattanzi, Dirigente Dipartimento Comunicazioni e reti telematiche, Garante per la protezione dei dati personali, che rileva inoltre l’importanza dell’aspetto culturale dell’approccio alle normative sulla privacy. «L’Italia è stata uno tra i primi Paesi ad avere adottato norme specifiche sul tema e, tuttavia, si trova oggi a confrontarsi con un sistema sovranazionale che impone di costruire strumenti di tutela funzionali ai mutati scenari e ai nuovi rischi».
Soprattutto nel campo della finanza, la digitalizzazione genera nuovi e non marginali rischi che il sistema dei controlli interni deve saper governare. E rende sempre più necessaria la formazione di nuove figure professionali dotate di adeguate conoscenze e competenze transdisciplinari. «Proprio con la volontà di rispondere a questa esigenza è stato ideato il master in Compliance in Financial Institutions (Cofin) dell’Università Cattolica» afferma il direttore esecutivo Michele Mozzarelli. «Il forte interesse mostrato dal mercato del lavoro per i nostri primi diplomati ci pare la migliore conferma della bontà dell’iniziativa».
In particolare, gli fa eco Fabio Rastrelli, sono necessarie competenze adeguate per affrontare i diversi aspetti di natura giuridica, come il tema della conservazione dei dati e della garanzia della loro qualità e correttezza ma, ancor di più, i profili legati ai processi decisionali automatizzati (robo-advisory; high frequency trading…) «al fine di governare una serie di rischi connessi all’eventualità che siano proprio i software a “prendere decisioni”». L’adeguamento alla normativa sul trattamento dei dati, secondo Rastrelli, può anche essere l’occasione per definire un’etica dell’algoritmo e valorizzare ciò che è proprio dell’essere umano: cultura, creatività e conoscenza.
Ma la formazione deve cominciare prima, come fa notare Elena Beccalli, preside della facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative dell’Ateneo. «Oltre a offrire un maggior grado di approfondimento e più puntuali strumenti di comprensione dei fenomeni nei programmi di formazione post-graduate, dal punto di vista formativo è necessario introdurre allo studio di queste nuove discipline già a livello di lauree triennali e magistrali». La sfida è appena cominciata.