In occasione dell’inaugurazione della XVII^ mostra didattica interculturale dei missionari Saveriani dal titolo "Il grido dell’Amazzonia", la docente di Antropologia culturale Anna Casella, ha ospitato durante la sua lezione diversi professori ed esperti provenienti da diversi Paesi del mondo per parlare della regione amazzonica, non solo dal punto di vista naturale, ma anche a proposito dell'importanza culturale.
Ad aprire l’incontro è stata la visione di un breve documentario, girato in Amazzonia e curato da Maurizio Pasetti e Mara Favero. Il video ha mostrato gli indigeni e la loro realtà, abbandonando i classici stereotipi.
Theodore Park, ricercatore dell’Università di Yale, ha tracciato gli avvenimenti importanti che hanno intrecciato la storia europea con quella dell’Amazzonia.
Nonostante la lontananza, a partire dal Cinquecento l’Europa ha riconosciuto nel territorio un luogo ricco di risorse da poter commerciare per il mondo. Park ha sottolineato come sia sbagliato pensare che l’Europa non abbia alcun ruolo su quanto concerne gli incendi degli ultimi mesi: ancor oggi gli europei hanno degli interessi economici in Amazzonia e hanno la pretesa inconscia di dover sviluppare e civilizzare il territorio – concetto che deriva dal retaggio coloniale. Questo lo dimostrano gli avvenimenti recenti, come il tentativo di Fordlandia negli anni Settanta e il più recente progetto in Rondonia per creare accessi autostradali.
Spesso riteniamo che lo sviluppo sia da intendersi in un senso di modernizzazione e che la civilizzazione sia più importante della preservazione di culture minori. Sulla biodiversità umana ha quindi insistito Jairo Agudelo Taborda, docente dell’Università del Norte a Barranquilla in Colombia.
Si tratta di popolazioni con una cultura ricca e, soprattutto, viva. Questi aspetti vanno tutelati e le popolazioni non vanno abbandonate a loro stesse. Taborda ha riportato numeri importanti: “I popoli indigeni e tribali nel mondo sono 370 milioni, abitano in 90 paesi e rappresentano oltre 5.000 culture che si esprimono in 6.700 lingue". Non sono solo numeri, sono storie che si tramandano e che vanno preservate. Non brucia solo la foresta, ci sono vite a rischio".
Per tutti questi motivi l’aiuto della Chiesa, attraverso i missionari e il sinodo per l’Amazzonia appena terminato, è fondamentale. L’obiettivo è riconoscere i diritti dei popoli indigeni e identificare le risorse più emblematiche che si stanno perdendo.
Edoardo Martinelli, cultore della materia in Antropologia culturale, nel suo intervento di commento ai messaggi dal sinodo, ha messo in luce proprio questa partecipazione dell’istituzione ecclesiastica, sottolineando come il grido della terra in questo caso corrisponda al grido dei poveri.
A chiudere l’incontro, il monito di Mario Menin, direttore di Missione Oggi, che ha ripreso il concetto di "popoli sentinella" espresso dalla professoressa Casella precedentemente: “Questi popoli sono la sentinella del nostro mondo. Non ci rendiamo conto di quanto lo stiamo depredando. Noi dovremmo usare un altro approccio”.