Non è stata una sorpresa la convocazione del Sinodo per l'Amazzonia che si apre oggi a Roma. La genesi che ha portato a questa giornata è infatti abbastanza lunga e deriva da due fattori, come fa notare la professoressa Anna Casella, docente di Antropologia culturale alla facoltà di Scienze della formazione di Brescia. «Il primo è l’origine latino-americana di Papa Francesco, che ha risentito di queste tematiche ambientali e anche sociali. Il secondo è la presenza in America Latina di una rete ecclesiale panamazzonica che ha qualche anno di vita. Dunque c’è tutto un movimento precedente che spiega questo evento. Non ultimo la lettera enciclica Laudato si’. C’è una grande corrispondenza tra questa e la lettera preparatoria del Sinodo».
In che momento socio-politico si colloca questo Sinodo? «La situazione politica e sociale di questo enorme territorio è variegata perché è composta da tanti Stati, dal Brasile al Venezuela, dall’Ecuador alla Bolivia, dal Perù alla Guyane. C’è la situazione drammatica del Venezuela che porta anche molti indigeni a migrare verso le città brasiliane. E poi c’è il Brasile di Bolsonaro, con un governo di estrema destra molto poco sensibile alle questioni ambientali e molto poco attento ai diritti dei popoli indigeni. Il presidente brasiliano ha fatto delle dichiarazioni drammatiche sul fatto che vorrebbe ridurre e addirittura bloccare le demarcazioni delle terre indigene».
Il leader brasiliano continua a ribadire che l’Amazzonia non è patrimonio dell’umanità ma è proprietà del Brasile. «Bolsonaro è un populista ed esprime un sentimento che non è così sconosciuto da una parte della popolazione. Ci sono leader che hanno una visione mondiale, tra cui Papa Francesco, e ci sono leader sovranisti come lui. Si potrebbe fare notare che l’Amazzonia è molto più ampia del Brasile per cui considerarla come una proprietà non è corretto. Bisognerebbe entrare nella logica delle conferenze sul clima, in cui di diceva che i problemi erano comuni e andavano risolti insieme».
Ma perché la Chiesa di occupa di Amazzonia? «Il Sinodo è un fatto di Chiesa e l’interesse è quello di trovare nuove vie di evangelizzazione nella regione Amazzonica. Questo pone due questioni. Una strettamente ecclesiale, cioè come fare a lavorare alla diffusione del Vangelo in una realtà in cui si fa fatica ad arrivare e dove ci sono pochi sacerdoti. Qui ci sono in campo alcune proposte, che hanno creato anche qualche allarme, come l’istituzione di ministeri per persone sposate di grande rettitudine o rivedere il ruolo della donna».
Ma c’è di più… «Al di là di questo approccio pastorale, l’altro aspetto interessante è ragionare sulla questione dei popoli amazzonici e dei popoli indigeni e di tutta di quella popolazione che vive in Amazzonia, che è composta anche da discendenti di schiavi neri, da contadini e da migranti, perché la foresta è diventata un corridoio migratorio molto importante. Oggi è diventata una zona di grande sfruttamento di minerali e questo crea una serie di problematiche sociali drammatiche. Tutti aspetti che sono stati messi in evidenza nel documento preparatorio e a cui si cerca di dare risposta. Il Papa l’ha detto aprendo il Sinodo: i fuochi dell’Amazzonia sono frutto di un modello di sviluppo e di profitto che non tiene conto dell’ambiente e delle persone per avvantaggiare qualcuno e non tutti».
Qualcuno ha accusato il Papa di avere una vena troppo ecologista. «Sì, qualcuno ha fatto notare che il Papa sceglierebbe delle posizioni ambientaliste spinte, ma non è così. Se andiamo a leggere la Laudato si’ troviamo un modello di lettura del rapporto col creato che va molto al di là della questione ambientale perché ragiona di custodia in termini teologici».
Che impatto avrà questo Sinodo? «È difficile dirlo: per qualcuno è e rimane un fatto ecclesiale; per altri forse viene inglobato nell’onda del movimento ambientalista; una parte conservatrice si allarma e si chiede dove stiamo andando. Io, però, penso che un impatto ce l’avrà e si capirà strada facendo, perché è una presa di posizione molto forte su tematiche che normalmente vengono viste come esterne agli interessi della chiesa. Un pensiero religioso aiuta ad affrontare e risolvere situazioni come quella dell’ambiente o della giustizia sociale. Per questo un impatto l’avrà».