Di Raul Caruso *
Nell’enciclica Laudato si’ c’è una chiarissima accusa contro la ricerca e lo sviluppo in campo militare. Il Papa ne evidenzia il lato oscuro: a dispetto di ciò che si dice, noi continuiamo a investire risorse ingenti per sviluppare nuovi strumenti di morte. In buona sostanza Francesco svela una sorta di ipocrisia: come è possibile conciliare l’anelito alla pace dichiarato dai governi e spendere tante risorse finanziarie in armamenti? Il Papa riconduce la tendenza al riarmo ai grandi dittatori teorici totalitaristi dello scorso secolo. Mi ha impressionato l’esposizione laica, scientifica, al netto di considerazione umanitarie, che ovviamente ci sono e restano fondamentali.
Francesco non punta solo il dito contro la ricerca in campo militare (in Italia punto molto delicato) ma ne proietta gli effetti in una prospettiva di lungo periodo. Gli effetti del riarmo non li dobbiamo guardare nei ricavi immediati, ma a lungo termine. Questo è un tema fondante dell’economia della pace: dobbiamo sostituire la prospettiva con cui analizziamo lo sviluppo guardando agli effetti di lungo periodo.
Non possiamo, comunque, ignorare il tema della sicurezza, soprattutto a fronte della sfida del terrorismo di matrice islamica. Bisogna, però, partire da un presupposto: l’insicurezza vive di contagio. Da sempre se un Paese si arma, anche gli altri avranno un incentivo ad armarsi con un effetto domino. C’è, inoltre, un aspetto è economico: quando c’è tanta innovazione tecnologica nel sistema degli armamenti le imprese tendono a competere e in questo modo la disponibilità e il prezzo delle armi tende a diminuire. Il feroce dittatore o lo Stato terrorista trova armi più efficienti e a buon mercato.
Ci vorrebbe un coordinamento dell’industria bellica a livello europeo. Ma il paradosso è che in Europa abbiamo imprese statali che producono armamenti che vendono armi a regimi canaglia che poi trasmettono insicurezza in Europa. Vado a creare insicurezza e l’insicurezza torna su di me, come un boomerang. Il problema è che i manager delle imprese statali si comportano come se fossero private. Dato che il mercato globale delle armi è senza regole, le imprese tendono a cercare di eludere quelle poche che esistono. La risposta dunque è implementare il trattato internazionale di limitazione degli scambi di armamenti approvato dall’assemblea generale dell’Onu, ratificato da tutti i Paesi europei e mai messo in pratica. È quello che non si stancano di dire Francesco e la diplomazia vaticana.
* Ricercatore alla facoltà di Scienze politiche e sociali dell’Università Cattolica