Una via semplice ed essenziale per un’umanità che, soprattutto dopo la pandemia, si è trovata spaesata: la fraternità. È il messaggio che papa Francesco lancia a tutto il mondo, consapevole che siamo Fratelli tutti. Così titola la nuova Lettera enciclica del Pontefice argentino, firmata, per la prima volta nella storia, lontano da Roma, ad Assisi, davanti all’altare di pietra della tomba del Santo, di cui il Papa ha voluto prendere il nome. Una cerimonia riservata, con poche persone e poche parole, ma con un messaggio carico di significato, perché con l’espressione tratta dalla sesta delle Ammonizioni del poverello di Assisi prende il via la lettera sulla fraternità e l’amicizia sociale (il testo integrale).
Fratelli tutti è la terza enciclica di Papa Francesco. Nel corso del suo pontificato Jorge Mario Bergoglio ha firmato una prima enciclica, “Lumen Fidei” (29 giugno 2013), ereditata dal suo predecessore, Benedetto XVI, e con lui siglata a quattro mani, e poi una seconda enciclica, “Laudato si’” (24 maggio 2015), la prima scritta da solo, e la prima a essere ispirata, come quella firmata ad Assisi, a San Francesco.
«I segni dei tempi mostrano chiaramente che la fraternità umana e la cura del creato formano l’unica via verso lo sviluppo integrale e la pace, già indicata dai Santi Papi Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II» ha detto papa Francesco nel corso dell’Angelus. «Oggi, a voi che siete in piazza – e anche fuori dalla piazza – ho la gioia di regalare la nuova Enciclica, nell’edizione straordinaria dell’Osservatore Romano. E con questa edizione ricomincia la quotidiana edizione cartacea dell’Osservatore Romano. Che San Francesco accompagni il cammino di fraternità nella Chiesa, tra i credenti di ogni religione e tra tutti i popoli».
Un’enciclica sociale, quasi un compendio dei suoi primi sette anni di pontificato, centrato su messaggio già richiamato ad Abu Dhabi, nel “Documento sulla Fratellanza tra le religioni”. Sullo sfondo il richiamo alla pandemia che ancora ci sta attraversando. La chiave per capirla è che non pensare che ne usciamo da soli: è un dramma che ci colpisce tutti e insieme se ne esce.
Un testo composto da otto capitoli, in cui quelli centrali sono il quinto e il sesto (“Dialogo e amicizia sociale”), oltre all’analisi forte sulle “ombre di un mondo chiuso” (capitolo primo) allo straniero, al migrante, al bisognoso. In particolare il quinto capitolo è dedicato alla politica “migliore”.
Il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, nel presentare il testo, ha parlato del metodo della Fratelli tutti. «La fraternità non è una tendenza o una moda che si sviluppa nel tempo o in un tempo ma è piuttosto la manifestazione di atti concreti. L’enciclica ci ricorda l’integrazione tra Paesi, il primato delle regole sulla forza, lo sviluppo e la cooperazione economica e soprattutto lo strumento del dialogo».
Secondo il vescovo monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica, che commenta in un video a caldo l’enciclica, si tratta di «un documento che interpella non solo tutti i credenti ma tutta l’umanità. La sfida a cui guarda Papa Francesco è come vivere oggi da fratelli, perché, come dice nel primo capitolo, se non viviamo da fratelli, tutto rischia di essere distrutto: l’ambiente, le relazioni, la politica, l’economia, con un prezzo altissimo, soprattutto in termini di emarginazione, di ingiustizia e di scarto».
Il professor Agostino Giovagnoli, docente di Storia contemporanea alla facoltà di Lettere e filosofia dell’Università Cattolica, ha commentato l’enciclica in diretta su Sky Tg24 (foto a destra) e su Rai Radio 1. «Attraverso la chiave della fraternità, Francesco affronta tutti i grandi problemi del mondo di oggi. Compreso quello della politica» afferma. «Nell’ enciclica Fratelli tutti, critica il populismo - smentendo quanti lo hanno definito populista - e gli contrappone una politica “popolare” capace di “progettare qualcosa di grande a lungo termine” e di incarnare “un sogno collettivo”. La fraternità, in questo senso, diventa ispiratrice di un grande movimento politico dal basso per riempire un vuoto: quello lasciato dagli “architetti” della politica, i leader politici che cercano solo il consenso. Sono parole non lontane dalla tradizione del popolarismo italiano».