di monsignor Claudio Giuliodori *
“Vide e credette”. Così l’evangelista Giovanni descrive la sua personale esperienza della risurrezione del Signore (Gv 20,1-9). Dopo aver ricevuto l’annuncio della tomba vuota dalla Maddalena, corre con Pietro al sepolcro. Il corpo di Gesù non c’è più e vedono il sudario e le fasce. All’improvviso per Giovanni tutto diventa chiaro. Gesù lo aveva detto più volte: doveva essere condannato a morte ma dopo tre giorni sarebbe risorto.
Il soffrire e il morire fanno parte della vita umana. Quando sono il segno di un amore sconfinato, come quello testimoniato da Gesù, diventano fonte di consolazione e di incoraggiamento nell’affrontare le prove della vita. Ma ciò che cambia radicalmente il senso della storia e l’esistenza di ogni creatura è la risurrezione. In Cristo risorto è donata a tutti la grazia di vincere il peccato e la morte. È data la possibilità di partecipare alla vita eterna nella pienezza della comunione con Dio e con i fratelli.
L’evento pasquale, celebrato nella liturgia e sperimentato nella vita, è in grado di incidere profondamente sul corso delle vicende personali e sociali. Nella luce del Risorto possiamo augurarci che le armi tacciano e i conflitti si risolvano, che il terrore lasci il posto a vincoli di fraternità, che le migrazioni si incamminino su strade di vera accoglienza, che la politica ritorni a operare per il bene comune, che la cultura sappia aprire orizzonti di verità e di speranza per tutti e, in particolare, per le nuove generazioni.
* Assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica
Nella foto in alto: Eugene Burnand, Il mattino della Risurrezione, Musée d'Orsay, Parigi. Pietro e Giovanni corrono al sepolcro all'alba