La versione definitiva sarà resa pubblica alla fine dell’anno. Eppure il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec), il programma del sistema energetico italiano che contiene obiettivi e strumenti messi in campo dal governo per accelerare il processo di decarbonizzazione, è già oggetto di dibattito. Luci e ombre del Piano sono state al centro di un incontro sul tema promosso lunedì 9 dicembre dall’Osservatorio sulla regolazione amministrativa e dalla Formazione permanente dell’Università Cattolica. Accademici, rappresentanti del governo, addetti ai lavori si sono riuniti con l’obiettivo di creare un momento di riflessione «su un progetto che va affrontato e discusso, anche per capire se adeguato per far fronte al tema sempre più cruciale del surriscaldamento terrestre», ha detto il professor Enzo Pontarollo, direttore dell’Osservatorio introducendo l’iniziativa.
Ma quali saranno i passi per rendere operativo il Pniec? L’Italia è pronta? «La politica ambientale italiana è in linea con quanto previsto dal Piano visto che il ministero dell’Ambiente, assieme a quelli dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture, è uno dei soggetti che ha contribuito alla sua stesura», ha spiegato Alessandro Carettoni, del ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, che ha illustrato il Piano.
Il Pniec altro non è se non l’attuazione concreta degli obiettivi quadro per il clima e l’energia dell’Unione europea che ha fissato al 40% la riduzione entro il 2030 delle emissioni a effetto serra, attraverso due leve principali: l’aumento delle rinnovabili e l’efficienza energetica. «Il Piano contiene misure di policy pensate per centrare gli obiettivi europei e rappresenta solo una “tappa” del percorso che guarda alla “neutralità climatica” al 2050 – ha affermato Carettoni –. Su questo fronte l’Italia ha già avviato il processo: se andiamo a vedere quanto è stato fatto finora in termini di nuova capacità rinnovabile ed efficienza energetica emerge un impegno importante assunto e legalizzato, che però deve proseguire, anzi accelerare».
Una richiesta di accelerazione che arriva anche dalla nuova Commissione europea guidata da Ursula Von Der Leyen e dalla sua strategia di crescita basata sul “Green New Deal”. «È in atto un cambio di passo molto significativo visto che gli obiettivi di riduzione di emissioni di gas serra entro il 2030 passano dal 40 al 50%», ha specificato Roberto Zoboli, docente di Politica economica, soffermandosi sui nuovi scenari europei per il Pniec. «Per realizzare il “Green New Deal” è innanzitutto prevista una riforma delle mission trading, il sistema di scambio delle quote di emissione, con degli aggiustamenti alle frontiere molto complicati da realizzare – ha aggiunto il professor Zoboli –. Inoltre, per i prossimi dieci anni sarà messo in campo un fondo per lo sviluppo sostenibile di un trilione di euro, pari a mille miliardi».
La vera sfida, dunque, si giocherà sul fronte economico dove l’attore principale sarà Valdis Dombrovskis: «Il vicepresidente della commissione Ue si occuperà di tutta la parte finanziaria del piano strategico europeo, compresa la riforma della banca europea per gli investimenti, che forse cambierà il nome in banca europea per il clima e lo sviluppo e porterà dal 25 al 50% i finanziamenti legati al clima, e l’introduzione di requisiti sempre più stringenti per le imprese, che saranno valutate», ha notato il professor Zoboli.
I nodi da sciogliere restano tanti non solo in Europa ma anche in Italia, costretta a dover fare i conti con una serie di problematiche strutturali proprie del territorio nazionale. «Il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima ha il merito di attuare una trasformazione di un’economia rispettosa dell’ambiente e di accelerare il processo di decarbonizzazione», ha detto Francesco Vetrò, di Gse. E da questo punto di vista, secondo Alfredo Macchiati, della Luiss, offre «obiettivi chiari», anche se dovrebbe porre maggiore attenzione su come garantire l’approvvigionamento energetico, la piena integrazione del mercato interno, la ricerca e l’innovazione. Tuttavia, ha fatto eco Clara Poletti, di Arera, il Pniec «va accompagnato da un adeguato sviluppo infrastrutturale, pertanto, diventa fondamentale un approccio selettivo degli investimenti da fare e una visione chiara sul percorso di decarbonizzazione prescelto». La partita sul clima è ancora aperta.