Una rosa dei venti per orientarsi nel mondo delle professioni della comunicazione e della cultura. È l’emblema che aveva scelto l’Alta Scuola in Media, comunicazione e spettacolo (Almed) per la prima edizione del Libro bianco sulle professioni della comunicazione 2017. Un mondo in rapida evoluzione su cui è in arrivo la seconda edizione 2019. La novità? Una ricerca su 60.000 offerte di lavoro postate nel 2018 sui principali collettori di proposte di lavoro.
 


Ma è davvero così rapido il cambiamento in questo settore? Lo abbiamo chiesto alla direttrice dell’Almed Mariagrazia Fanchi. «Il mondo del lavoro per quanto riguarda le professioni della comunicazione cambia non tanto in termini di ruoli professionali ma con riferimento alle competenze specifiche e ai pesi che ciascuna di queste competenze assume nei mix che i vari settori della comunicazione esprimono. Bisogna anche aggiungere che le etichette che sono utilizzate per fissare le singole professioni evolvono con una certa rapidità, annuale se non addirittura stagionale. È una sorta di gioco di specchi perché la larga parte dei professionisti della comunicazione sono oggi liberi professionisti che hanno bisogno di fare self branding e quindi c’è una proliferazione di etichette che risponde a questa esigenza, cioè alla necessità di mettere a fuoco anche una micro-competenza aggiuntiva perché per un libero professionista diventa una tattica per potersi posizionare e acquisire nuovi clienti e guadagnare quote di mercato».

Qual è il cambiamento maggiore? «Ci sono competenze di base che sono diventate marcatamente interdisciplinari ed è anche il portato del fatto che le imprese, complice la crisi economica, non hanno più la possibilità di differenziare i ruoli professionali e chiedono profili a 360 gradi, che contemperino competenze di creazione di contenuto con competenze di analisi e strategiche. L’elemento nuovo e la domanda di lavoro nel campo della comunicazione è che i soggetti devono essere portatori di più competenze».

Quali sono le novità del Libro bianco 2019? «Nella prima edizione ci eravamo posti il compito di monitorare le professioni, un lavoro complicatissimo perché non esistevano dei codici riconosciuti a livello internazionale per identificare quali sono in modo netto i lavori della comunicazione. Il problema di arrivare a una mappatura nasce dal fatto che non ne esiste in questo momento una ufficiale che è anche quella da cui dipendono i contratti e la misurazione degli impatti nell’economia nazionale e internazionale. Il primo libro bianco nasceva da questa esigenza».

Come vi eravate mossi? «Nel 2017 siamo partiti con una ricerca qualitativa con una serie di interviste a professionisti che in larga parte ruotano attorno ai 15 master di Almed: un punto di osservazione privilegiato e un canale aperto di interlocuzione con il mondo delle professioni. È stata fatta emergere la complessità del panorama delle professioni della comunicazione e si è tentato di dare una prima organizzazione attraverso quella rosa dei venti che è anche sulla copertina del Libro bianco».

Nella nuova edizione su cosa puntate? «Il secondo libro bianco prova a interrogare in modo diretto e massivo le vacancy, cioè le domande di lavoro nel mondo della comunicazione. La seconda sezione del libro è una pura ricerca su 60.000 offerte di lavoro postate nel 2018 sui principali collettori di proposte di lavoro, come per esempio Linkedin. Abbiamo indagato quali sono i tipi di contratti collegati a ogni tipo di professione, quali sono le skill più specifiche e più analitiche richieste».

Non manca anche una parte qualitativa… «L’abbiamo realizzata in collaborazione con Assolombarda e con il gruppo Media e entertainment di Assolombarda con interviste in profondità con i responsabili dei settori del gruppo per ricostruire com’è configurata l’industria della comunicazione in Lombardia e quali sono i suoi bisogni. Anche perché la Lombardia ha una domanda di lavoro prepotente in tutti i settori, tale da fare riflettere come la comunicazione, che per tanto tempo abbiamo liquidato come semplice servizio, stia diventando una parte fondamentale non solo dal punto di vista economico ma anche di sviluppo del territorio lombardo».

C’è anche una chicca in questa edizione… «Abbiamo ospitato nel libro bianco il discorso che l’arcivescovo di Milano Mario Delpini ha tenuto nell’incontro con le tre scuole di giornalismo presenti a Milano. Un suggello ma anche un rilancio per il nostro lavoro sulle professioni della comunicazione».

Avete già idea di cosa farete per l’edizione successiva? «Capovolgeremo la prospettiva: lavoreremo sulle professioni della comunicazione ma dal punto di vista di coloro che si stanno apprestando a entrare in questo mondo. Ragioneremo sull’efficacia delle strategie di employer branding che le varie aziende propongono. Stiamo facendo partire la parte di ricerca empirica che sarà una survey a livello nazionale in cui cercheremo di capire quali sono le aspettative in generale del mondo del lavoro ma anche come si immaginano il mondo delle professioni della comunicazione e della cultura».

Il Libro bianco è pubblicato in formato Open Access per essere più accessibile a tutti gli stakeholder.