di Alice Bedogni *
È un’esperienza straordinaria quella che l’Università Cattolica mi ha dato l’opportunità di vivere all’indomani della mia laurea magistrale. Il caso - o la Provvidenza - ha voluto che la destinazione del mio Charity Work Program fosse il Madagascar.
Con il cuore ricco d’emozione e la testa piena di domande sul delinearsi del mio futuro al di fuori del mondo universitario, sono partita per l’Isola Rossa insieme a Francesca, studentessa nella mia stessa facoltà.
La nostra esperienza di servizio si è svolta presso l’Orphelinat Catholique di Fianarantsoa, il primo orfanotrofio del Madagascar per dimensioni e numero di bambini che vi abitano (più di 200). Questa grande realtà da 24 anni è gestita dalla Congregazione delle Suore Nazarene, che si occupano non solo dell’accudimento ma anche dell’istruzione ed educazione cristiana di questi bambini. Sono ragazzi diversissimi fra loro, diventati un giorno tutti fratelli e sorelle. Alcuni non hanno più i genitori, altri invece vivono lì perché la propria famiglia non può prendersi cura di loro o perché vive troppo lontano oppure perché non ha alcun mezzo economico per farli crescere.
Quando siamo arrivate all’Orphelinat, un po’ scombussolate dopo due giorni di viaggio, l’accoglienza che abbiamo trovato è stata calorosissima: con le loro parole gentili in francese e in italiano e tante piccole attenzioni, Suor Pascaline e le sue consorelle ci hanno da subito fatto sentire a casa, parte di una grande famiglia che condivide con gli altri tutto quello che ha.
Il primo approccio con i bambini, poi, è stato travolgente: numerosissimi attorno a noi, hanno velocemente imparato i nostri nomi (il viceversa era impossibile!) e abbiamo incominciato a sentirci chiamare da decine di voci contemporaneamente. La gioia di questi bambini di incontrarci per la prima volta può averci fatto credere che la nostra presenza lì fosse un dono per loro: col passare dei giorni, in realtà, ci siamo rese conto di quanto siano stati loro ad arricchire noi più di quanto avremmo mai immaginato.
Le nostre giornate all’interno dell’Orphelinat si sono inserite nella routine di vacanza scolastica dei bimbi malgasci, tra canti, balli, giochi ed altre attività in stile oratorio estivo. Ad agosto in Madagascar le giornate iniziano presto (verso le 6 del mattino) e finiscono altrettanto presto, perché alle 18 è già buio pesto e comincia a fare freddo. L’area dell’orfanotrofio è immensa, oltre ai campi da gioco c’è anche una fattoria con l’orto e gli animali, e il tempo scorre lentissimo tra una partita di calcio e l’altra.
Nelle tre settimane che ho trascorso a Fianarantsoa ho avuto modo di “scendere” dalla giostra della mia vita e di fermarmi a osservare ciò che succedeva intorno a me. Pur nella sfortuna di non poter crescere all’interno di un nucleo familiare, ho riconosciuto come questi bambini siano immensamente amati da Dio attraverso le persone che si occupano di loro: in primis le suore, che sono le mamme di tutti, insieme alle cuoche, alle inservienti e ai volontari che in alcuni periodi dell’anno sono presenti all’Orphelinat.
Stare insieme a questi bambini mi ha ricordato l’importanza di sapersi prendere cura di qualcuno che non ha che te, l’importanza di spendere giornate intere a giocare rimandando qualsiasi altra impellenza. Questi ragazzi hanno allenato la mia pazienza, anche dopo la ventesima volta in cui volevano giocare a “sardina” o quando in tre mettevano le mani sulla mia testa per ridurla in treccine.
Come spesso accade a chi ha la fortuna di trascorrere le proprie giornate insieme ai bambini, anche io ho gustato la bellezza di farli felici con poco, anche solo prendendoli in braccio o giocando a tenere un pupazzetto sulla testa. Questa bellezza è davvero disarmante, ti fa uscire da te stessa e ti fa intuire che forse è facendosi più piccoli che ci si avvicina alla fonte della vera gioia.
Torno a casa con il cuore sempre più pieno di gratitudine per i doni ricevuti e per aver vissuto un’esperienza così arricchente, di cui conserverò un ricordo prezioso e bellissimo.
* 25 anni, di Reggio Emilia, laureata magistrale in Scienze linguistiche, profilo Relazioni internazionali, facoltà di Scienze linguistiche e letterature straniere, campus di Milano