«Il fatto che l’onnipotente, l’eterno, il totalmente altro, si è fatto assolutamente prossimo e ha preso dimora nel tempo e nello spazio, ci dice che l’infinito può abitare nel frammento del cuore umano e dilatarlo nella misura stessa dell’amore immenso di Dio. È questa la scintilla che è in grado di trasformare la scienza in sapienza, la conoscenza in passione educativa». È un passaggio dell’omelia che il vescovo monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica, ha pronunciato il 10 dicembre in aula magna nella messa in preparazione al Natale. La proponiamo qui sotto integralmente come riflessione e augurio dell’Ateneo.
di monsignor Claudio Giuliodori *
Le letture di questa liturgia, dedicata alla Madonna di Loreto, dove si conserva parte della Santa Casa di Nazareth, ci portano a contemplare il grande segno del Natale. Quest’anno il segno è reso ancora più eloquente dall’iniziativa di Papa Francesco che ancora una volta ci sorprende. Con una visita lampo nel pomeriggio della prima domenica di Avvento, si è recato a Greccio, nel luogo dove San Francesco nel 1223 realizzò la rappresentazione del presepe dando vita a una tradizione tra le più importanti e diffuse della fede cristiana. Lo ha fatto per firmare e rendere pubblica una lettera dedicata al presepe. Una bella tradizione da conservare e riproporre, utile per alimentare la fede dei credenti e ricca di spunti sapienziali preziosi per tutta l’umanità.
La lettera porta il titolo Admirabile Signum, dove il segno mirabile è soprattutto l’evento che il presepe vuole ricordare: il fatto sorprendente e straordinario di Dio che si fa uomo e si presenta umile e povero come bambino accolto in una mangiatoia. Spiegando i significati dei vari elementi, che alla luce della narrazione evangelica e della ricca tradizione vanno a dare forma al presepe, il Papa vuole richiamare la centralità e il valore del mistero dell’Incarnazione.
«Come sempre, Dio sconcerta, è imprevedibile, continuamente fuori dai nostri schemi. Dunque il presepe - afferma il Pontefice -, mentre ci mostra Dio così come è entrato nel mondo, ci provoca a pensare alla nostra vita inserita in quella di Dio; invita a diventare suoi discepoli se si vuole raggiungere il senso ultimo della vita» (n. 8). Cogliamo in questo passaggio il richiamo ad una speciale valenza educativa che nella parte conclusiva della lettera diventa ancora più esplicito, perché il Natale: «in ogni età della vita, ci educa a contemplare Gesù, a sentire l’amore di Dio per noi, a sentire e credere che Dio è con noi e noi siamo con Lui» (n. 10).
Da dove deriva questa peculiare valenza educativa del Natale e che cosa può dire a un Ateneo Cattolico? A ben vedere l’Incarnazione di Dio sollecita una modalità particolare di conoscenza e genera un nuovo approccio alla realtà. Possiamo dire che ci offre la possibilità di avere uno sguardo che va oltre le categorie classiche dell’epistemologia. Il Verbo che si fa carne introduce una “nuova forma di episteme”. Guardare le cose con gli occhi di Dio che si fa uomo significa mettere al centro non tanto l’approccio formale e nozionistico quanto piuttosto l’insondabile mistero di ogni esistenza umana, unica e irripetibile, a cui il Signore si fa prossimo.
Si muove in questa direzione l’istanza di rinnovamento epistemologico sollecitata da Papa Francesco nel discorso rivolto alla Fiuc (Federazione Internazionale delle Università Cattoliche) lo scorso 4 novembre dove, oltre a ricordare l’impegno degli atenei cattolici nel campo della cultura e del dialogo tra la scienza e la fede, ha invitato a ripensare anche l’approccio alla conoscenza, rielaborando i tradizionali paradigmi epistemologici. Siamo rimasti molto colpiti dall’intervento del Santo Padre, lo ricordava anche il Rettore nel discorso in occasione dell’apertura dell’Anno Accademico lo scorso 28 novembre.
Il Pontefice afferma che «per affrontare il tema dei perché - cioè della sfera etica - nel campo educativo» occorre andare oltre l’epistemologia tradizionale fondata sul «carattere impersonale di ogni conoscenza come condizione di oggettività». Da qui l’invito a sviluppare «una nuova episteme della vita» che sappia includere «la forma mentis, le convinzioni normative, le categorie, la creatività, le esperienze esistenziali del soggetto» perché esse «rappresentano una “dimensione tacita” della conoscenza ma sempre presente, un fattore indispensabile per la accettazione del progresso scientifico».
Il principio di questa nuova epistemologia, che potremmo definire esistenziale, ossia incarnata nella storia delle persone, possiamo comprenderla meglio proprio nella singolare luce del Natale. Il fatto che l’onnipotente, l’eterno, il totalmente altro, si è fatto assolutamente prossimo e ha preso dimora nel tempo e nello spazio, ci dice che l’infinito può abitare nel frammento del cuore umano e dilatarlo nella misura stessa dell’amore immenso di Dio. È questa la scintilla che è in grado di trasformare la scienza in sapienza, la conoscenza in passione educativa.
Questo significa anche che in ogni tempo Dio continua ad incarnarsi e rivelarsi nella storia, assumendo le sfide del tempo e continuando a provocare l’umanità nella ricerca della verità e delle vie che sappiano esprimere un’autentica carità nella misura dell’amore infinito di Dio. Ciò implica che anche l’identità cattolica del nostro Ateneo non possa essere solo formale e neppure data per scontata. È il principio stesso dell’incarnazione che ci richiede un costante e coraggioso ripensamento, cosi come facciamo per l’offerta formativa o per le verifiche periodiche del nostro progetto accademico, come sta accadendo con la visita dell’Anvur. Interrogarci e riflettere sulla missione che siamo chiamati a compiere oggi come ateneo dei cattolici italiani è tutt’altro che un fatto retorico. È piuttosto il compito affascinante che accompagna e illumina l’attività quotidiana della didattica, della ricerca e della terza missione.
È un compito ineludibile, perché la Sua venuta in mezzo a noi stabilisce il più grande atto educativo di Dio nei confronti del suo popolo. Un’educazione impegnativa di cui Gesù è l’artefice, come sembra indicare anche la profezia di Simeone: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione […] affinché siano svelati i pensieri di molti cuori» (Lc 2,34-35). È bello e affascinante guardare al Natale come ad un grande patto educativo tra Dio e l’umanità.
Un patto che ogni anno si rinnova con la celebrazione del Natale. Allestire il presepe negli spazi della nostra Università oltre ad essere una bella tradizione, assume allora un eminente valore epistemologico e pedagogico che, alla luce delle riflessioni del Santo Padre, ci aiuta a comprendere meglio anche il senso di alcune tappe significative per la missione educativa del nostro Ateneo.
Alcuni eventi di questo anno possiamo così leggerli e a viverli proprio in questa prospettiva. In primo luogo siamo chiamati ad accogliere il frutto dei due anni di riflessione che hanno accompagnato la preparazione e la celebrazione del Sinodo dedicato ai giovani. Papa Francesco, che ha voluto così ribadire una particolare vicinanza della comunità ecclesiale alle nuove generazioni e la necessità di renderle protagoniste del cammino della Chiesa e del futuro dell’umanità, ha anche indicato le Università Cattoliche come luoghi privilegiati per ascoltare e formare i giovani.
Ci sentiamo pertanto ancor più impegnati a vivere nel nostro Ateneo quel «rinnovamento e rilancio delle università “in uscita” missionaria» di cui parla il Pontefice nell’Esortazione post-sinodale Christus vivit. Per realizzare un tale rinnovamento in ambito accademico è necessario sviluppare - afferma Papa Francesco - : «l’esperienza del kerygma, il dialogo a tutti i livelli, l’interdisciplinarietà e la transdisciplinarietà, la promozione della cultura dell’incontro, l’urgente necessità di “fare rete” e l’opzione per gli ultimi, per coloro che la società scarta e getta via. E anche la capacità di integrare i saperi della testa, del cuore e delle mani» (n. 222).
Un programma vasto e impegnativo che non ci trova certamente impreparati, ma su cui siamo consapevoli di dover ancora molto riflettere e lavorare, lasciando che lo Spirito Santo ci illumini, ci guidi e ci sostenga. Per questo abbiamo voluto dare ampia diffusione alla Christus vivit, tra gli studenti e i docenti perché il confronto con le parole sapienti e incisive del Pontefice ci aiuti a fare quel discernimento di cui si sente particolare necessità e urgenza in un mondo complesso dove è facile smarrirsi o rifugiarsi nell’indifferenza.
In continuità con l’orizzonte tracciato dal Sinodo, nei prossimi mesi si svilupperà anche un ampio confronto sui grandi temi dell’educazione che culminerà con un incontro internazionale incentrato sul “patto educativo”, in programma per il 14 maggio del prossimo anno in Vaticano alla presenza del Santo Padre. Mentre si conclude il decennio che la Chiesa italiana ha dedicato al tema “Educare alla vita buona del Vangelo”, sentiamo ancora di più la necessità di unire le forze e fare tutto il possibile per dare vita ad un “villaggio educativo globale”. Facciamo nostro pertanto l’invito che il Santo Padre ha rivolto a ciascuno affinché diventi «protagonista di questa alleanza, facendosi carico di un impegno personale e comunitario per coltivare insieme il sogno di un umanesimo solidale, rispondente alle attese dell’uomo e al disegno di Dio» (Francesco, Messaggio per il lancio del patto educativo, 12 settembre 2019).
In questo contesto ci prepariamo anche a celebrare i 100 anni di vita dell’Ateneo dei cattolici italiani. Una tappa importante che ci consente di esprimere la più sentita gratitudine al Signore per gli incommensurabili doni ricevuti, ai fondatori per l’intraprendenza e il coraggio che hanno avuto, a tutti coloro che in questo secolo di vita si sono spesi per far crescere un Ateneo che oggi è divenuto uno dei poli culturali e formativi più importanti del Paese e non solo. Ricchi di un tale passato vogliamo guardare soprattutto avanti, a quel futuro che è già nell’oggi e che ci chiede di non essere meno innovativi e intraprendenti di coloro che ci hanno preceduto.
* assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore