di Elena Sofia Lione e Giulia Vesco *
Una due giorni all’insegna del gusto e un tuffo nel passato, fatto di leggende e curiosi aneddoti, ma con lo sguardo rivolto al futuro. Per la prima volta il modulo “Gusto e sostenibilità” del master universitario in Comunicazione per le industrie creative diretto dalla professoressa Laura Bovone e coordinato dalla professoressa Carla Lunghi, si è svolto lontano da largo Gemelli. I 30 partecipanti della nuova edizione del corso hanno vissuto un fine settimana alla scoperta dell’enogastronomia in una location di eccezione: la città di Ivrea. Per i momenti didattici di entrambi i giorni siamo stati ospitati nell’aula didattica dell’azienda canavesana Carlo Angela, che dal 1952 si occupa di progettazione, allestimenti e tecnologie per la ristorazione. Insieme a noi, oltre alla professoressa Lunghi, anche Silvia Mazzucotelli Salice e Martina Lombardi.
Prima parte del laboratorio, una lezione condotta dall’imprenditore culturale e docente del modulo di Gusto e Sostenibilità Domenico Tappero Merlo, sui prodotti tipici del Canavese e sul potere evocativo della loro storia. Nell’ambito di un corso di studi orientato alla comunicazione e alla sostenibilità, è stato significativo per noi studenti aver avuto un accesso privilegiato a un’esperienza in loco così formativa.
Attraverso la preparazione a vista di uno dei piatti più tipici di Ivrea, la zuppa di ajucche, ad opera dello chef Luca Di Sarno del ristorante La Gusteria di Ivrea, e la degustazione di uno dei vini più pregiati del territorio, l’Erbaluce di Caluso dell’Azienda Vitivinicola Orsolani, il professor ci ha illustrato come sia importante, soprattutto oggi, valorizzare il territorio italiano e la ricchezza che ci offre, riscoprendo le tradizioni e il valore dell’artigianato.
Il mix di tradizione e innovazione sta alla base della comunicazione del territorio oggi: un’eredità preziosa che ci è stata tramandata dal passato, che è e deve essere comunicata per non essere dimenticata dalle nuove generazioni, diventando appetibile per il recente tipo di turismo che sempre più si sta diffondendo, fortemente attento alla storia dei luoghi e dei prodotti enogastronomici, che ricerca qualità e in-formazione in location sempre meno convenzionali ma sempre ricche di fascino e bellezza.
La passione del professor Tappero Merlo, che ci ha formato per l’intera giornata su come affrontare una riqualificazione del territorio in termini di comunicazione, ci ha portati alla scoperta di un luogo ricco di tradizione e purtroppo ancora sconosciuto ai più. Ciò anche attraverso il racconto dei suoi prodotti tradizionali e di altissima qualità che abbiamo potuto provare, grazie sempre all’ospitalità della famiglia Angela, durante il pranzo offertoci da produttori locali: dalla birra artigianale di Rabèl a una selezione di salumi dell’Agriturismo La Schiavenza e formaggi dell’Azienda Agricola Nicoletta, accompagnati dalla marmellata d’arance tipica del carnevale eporediese di Luca Berolatti, fino ai biscotti eporediesi fatti a mano da la Casa del Dolce di Gaida.
Ivrea significa, anche, Olivetti. La sua presenza e il suo spirito si respirano in ogni angolo della città, che è fortemente ancorata al suo ricordo, tanto da dedicargli un Museo a cielo aperto: inaugurato nel 2001, il "Maam" (Museo a Cielo Aperto dell’Architettura Moderna) riunisce, in un itinerario attrezzato che si sviluppa per circa due km, gli esiti architettonici dell’avventura olivettiana più noti: dalle costruzioni di Figini e Pollini - le case per gli impiegati Olivetti - alla mensa di Ignazio Gardella, alle case di Nizzoli e Oliveri, alle opere di Eduardo Vittoria, Gabetti e Isola - il Centro residenziale Ovest - fino agli edifici più recenti, come il Palazzo Uffici 2 di Gino Valle.
A fare da guida a noi studenti e ai nostri insegnanti, ancora una volta il professor Tappero Merlo. L’obiettivo della visita, che ha arricchito il nostro secondo giorno in Canavese, è stato quello di mostrare quanto Adriano Olivetti, negli anni ’50, fosse stato lungimirante nel creare un modello di impresa controcorrente e unico nel suo genere, dove l’architettura rappresenta la realizzazione concreta del suo pensiero: la fabbrica viene concepita non solo come luogo di produzione e di lavoro, ma soprattutto come elemento responsabile dello sviluppo sociale e culturale del territorio, e, attorno ad essa, sono state costruite diverse componenti come gli alloggi, le mense, gli asili, finalizzati al miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori.
Complici il sole e una calda mattinata primaverile, abbiamo passeggiato in questo museo all’aperto ascoltando le indicazioni del professor Tappero Merlo e osservando le costruzioni circostanti: un salto indietro nel tempo, un ritorno agli anni in cui Ivrea è stata trasformata in un modello di città industriale a tutti gli effetti, una realtà unica nel panorama italiano di quegli anni. Cogliere ciò che rende speciale un luogo, la sua storia, le sue tradizioni, è ciò che di più importante può fare chi si occupa di comunicazione: trasmettere i valori e la cultura per attrarre e coinvolgere visitatori consapevoli nell’affascinante atmosfera di questi luoghi.
* studentesse del master in Comunicazione per le industrie creative