Trentadue istituti scolastici coinvolti nella città di Milano, 50 sportelli di ascolto attivati, oltre 1400 utenti tra gli studenti delle scuole, quasi 4.000 colloqui all’anno. Sono i numeri di “Whatsapp e oltre… in ascolto della generazione digitale”, il servizio di ascolto psicologico all’interno delle scuole, promosso da Asl Milano e Alta Scuola di Psicologia Agostino Gemelli (Asag) dell’Università Cattolica.

Lo “sportello” nasce nei primi anni 2000 con l’intento di offrire l’opportunità di sperimentare una conoscenza di sé nuova, attraverso un’interazione con un “altro da sé” impegnativa, ma ricca di dimensioni come l’ascolto e la reciprocità. Dal 2014 viene coinvolta l’Università Cattolica.

«Dopo alcuni anni di esperienza - spiega Caterina Gozzoli, direttore dell’Asag e responsabile scientifico del progetto - si avvertiva il bisogno di dare voce ai dati raccolti durante gli anni precedenti, di sistematizzarli e valorizzarli: chi sono i ragazzi, perché si recano a uno sportello? Che tipo di bisogno portano? Il valore aggiunto dato dall’Università è anzitutto quello di sistematizzare la serie di dati raccolti in questi anni dall’Asl ma anche la possibilità di lavorare con gli psicologi che operano nelle scuole non tanto come singoli professionisti, quanto attraverso un lavoro di gruppo teso a valorizzare un patrimonio comune e a rinforzare le singole competenze, soprattutto dei collaboratori più giovani: è un sostegno alla loro professionalità».

Si tratta del gruppo di “ricercazione” condotto dal docente di Psicologia clinica in Cattolica Giancarlo Tamanza: un lavoro di confronto con i professionisti, che consente un aiuto continuo alla professionalità degli psicologi coinvolti ma anche al miglioramento e alle possibili evoluzioni del progetto.

L’Asag dà un ulteriore valore cruciale al progetto: «È la sua rilevanza sociale, la sua efficacia nella realtà delle cose, e questo è tanto più possibile in virtù della partnership tra Asl, ente pubblico, e una realtà come la Cattolica, pubblica ma non statale, che anche attraverso l’Alta Scuola si occupa di ricerca e formazione professionale per generare conoscenze nuove, che impattino sui servizi e li potenzino».

Un luogo di ascolto all’interno delle nostre scuole, di confronto libero e spesso di richiesta d’aiuto. Le domande riguardano anzitutto problemi familiari, che possono portare ansie, disagi, difficoltà a trovare il proprio spazio all’interno del nucleo della famiglia. Spesso per situazioni conflittuali (separazioni in primis), talvolta per problemi di altra natura come quelli economici. E poi il tema dell’accettazione di sé, legato all’evoluzione, alla crescita, e dei problemi relazionali con i pari, dal non sentirsi parte del gruppo fino al bullismo.

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Sono domande di ragazzi che ricercano un confronto, racconta la psicoterapeuta Nicoletta Pirovano, docente a contratto in Cattolica e dirigente dell’Asl Milano, che per anni ha lavorato proprio come psicologo nelle scuole e ora coordina gli interventi di ascolto del progetto. Come quelle di Giorgia, 15 anni: “Spesso in classe sto zitta anche se vorrei dire qualcosa, anche durante l’intervallo resto al mio banco e non mi faccio notare, vorrei conoscere qualcuno ma temo di fare brutta figura …”. O di Maria: “Non posso più andare a scuola…appena salgo sul tram o in metro inizio a sudare… il cuore batte fino a farmi cedere le ginocchia”. O, ancora, di Arianna, 17 anni: “Sono fidanzata con una ragazza... chi non mi vuole più come amica si arrangi...mia mamma mi ha deluso…non mi capisce”. Si incontrano anche domande “forti” come quella di Andrea, 14 anni: “So che non dovrei tagliarmi, ma anche se cerco di resistere non ce la faccio e alla fine mi taglio... questo è l’unico modo per stare calmo”.

Che bilancio si può fare di questo anno di lavoro? «Sono coinvolte scuole su 5 distretti milanesi, un panorama molto diversificato e rappresentativo degli adolescenti che le frequentano, scuole di tipologia tra loro diversa e con utenze di estrazione sociale eterogenea» spiega Emanuela Confalonieri, docente della facoltà di Psicologia e responsabile dell’attività di ricerca connessa al progetto. «In particolare si avvalgono del servizio di sportello i ragazzi del primo e del secondo anno, in maggioranza di genere femminile, sia italiani sia stranieri. L’accesso è sempre spontaneo, anche se per l’80% si arriva sulla base di una propria motivazione mentre nel restante 20% si segue un consiglio, soprattutto degli insegnanti. Ciò significa che gli studenti trovano in questa iniziativa un primo luogo dove confidare una propria fatica ma anche un reale desiderio di confronto. Su un massimo di 4 colloqui annuali, la media è di 3. Nella maggior parte dei casi è sufficiente l’attività di consultazione, talvolta si rende necessario coinvolgere i genitori, per fare un invio a un servizio territoriale».

Secondo Aurelio Mosca, direttore del Dipartimento per le Attività Socio-Sanitarie Integrate di Asl Milano, «la valutazione di efficacia delle attività del servizio, prevista dal progetto, e i suoi risultati consentiranno non solo di migliorare la qualità degli interventi psicologici ma potranno anche costituire un punto di riferimento significativo per tutto il mondo professionale, accademico e dei servizi di aiuto psicologico rivolti agli adolescenti».

Non manca, nelle parole di Caterina Gozzoli, uno sguardo al futuro. «Vogliamo valorizzare sempre più il servizio avviato – conclude – perché è importante per i ragazzi. E poi, dal dialogo con i dirigenti scolastici sono emerse nuove esigenze, che non riguardano necessariamente solo gli studenti. Per cogliere queste esigenze, occorre esserci vicino, come sono stati i professionisti in quest’anno, perché 1.400 ragazzi che si rivolgono allo sportello è un dato fino a qualche anno fa impensabile».