di Fausto Colombo *

Essere studenti universitari è molto di più che studiare, superare gli esami, laurearsi. È anche più che prepararsi al lavoro, ai diritti e doveri della maturità.

Essere studenti universitari è stare con gli altri, colleghi e professori, condividere il quotidiano, chiacchierare e ridere. Qualche volta - quando i libri incontrano le esigenze e le promesse della giovinezza, e il cuore pretende le sue ragioni – è anche innamorarsi di una persona, di una vocazione, di un’idea. La pandemia non ha fermato lo studio, gli esami, le lauree, ma ha ridotto fatalmente le esperienze di incontro, le passioni fisiche e intellettuali, l’irripetibile stagione dell’anima che ciascuno di noi si è portato poi dentro nella vita.

Domani, quando il domani verrà e potremo di nuovo abitare le aule e gli spazi comuni, bisognerà di nuovo fare dell’università un luogo di sguardi che non siano mediati dalle luci azzurre dei pixel. Sarà un’urgenza, una nuova chiamata. Per questo non credo ai rischi paventati da alcuni studiosi secondo i quali gli atenei saranno sfidati dalle grandi piattaforme digitali, interessate a gettarsi sul “business dell’educazione” (sic), a costo di sovvertire l’ormai datata tradizione che sale a noi fin dal Medioevo. No, non credo succederà. La distanza passerà. E torneremo negli spazi che ci sono tanto cari.

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* Docente di Teoria della comunicazione e dei media presso la Facoltà di Scienze politiche e sociali e direttore del Dipartimento di Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo