Analizzare la realtà del lavoro immigrato in Europa. Era l’obiettivo della Summer School “Mobilità umana e giustizia globale” 2018, che si è tenuta quest’anno a Santa Maria di Leuca. Il fenomeno migratorio pone una varietà di sfide ai mercati dell’Unione Europea, chiamati a verificare le proprie capacità di inclusione; d’altro canto appare però indiscutibile che, superando gli attuali (e troppo spesso inefficaci) modelli dell’integrazione, il beneficio apportato da questi attori economici sarebbe straordinario.
Ad approfondire gli aspetti problematici del lavoro immigrato in Europa (e quindi anche in Italia) per illuminare quelli virtuosi, sono intervenuti vari esperti. Tra gli ospiti della scuola diretta dalla professoressa Laura Zanfrini, docente di Sociologia delle migrazioni all’Università Cattolica del Sacro Cuore, e condiretta da padre Fabio Baggio, sottosegretario della Sezione Migranti e Rifugiati – Dssui Santa Sede, hanno portato il loro contributo don Gianni De Robertis, direttore generale dalla Fondazione Migrantes della Cei, monsignor Luca Bressan, vicario episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione Sociale della Diocesi di Milano, alcuni missionari scalabriniani tra i quali padre Aldo Skoda (preside dello Scalabrini International Migration Institute – Simi) e alcuni rappresentanti della chiesa e società pugliese che hanno presentato buone pratiche sul tema in oggetto.
«La straordinaria adattabilità dei migranti - sottolinea Laura Zanfrini al termine della IX edizione della scuola - li ha resi i candidati ideali per occupare quei lavori che gli italiani non volevano più fare rendendoli una risorsa strutturale per il funzionamento della nostra economia e della nostra società. Tuttavia, in un quadro macro-economico caratterizzato da processi di mercificazione e precarizzazione del lavoro, dall’ampiamento delle disuguaglianze sociali e dall’avvento di logiche neo-liberiste – col loro corollario di “scarti umani” – gli immigrati sono divenuti, loro malgrado, gli ingranaggi di un circolo vizioso di progressivo peggioramento delle condizioni di lavoro e di reddito». E conclude affermando che «garantire l’uguaglianza delle opportunità e le condizioni di un lavoro decente e dignitoso per tutti è dunque un passaggio fondamentale per valorizzare il potenziale dell’immigrazione e promuovere una convivenza pacifica e solidale».
Padre Fabio Baggio ricorda come «il nesso migrazione e sviluppo nasce negli anni ’60: c’era chi la negava in toto, accanto a chi vedeva invece, in particolare nel fenomeno in crescita esponenziale delle rimesse, un segno di un positivo contributo allo sviluppo. Oggi dopo un lungo percorso si è arrivati alla «Dichiarazione di New York» (settembre 2016), punto di riferimento che ci sta accompagnando verso il Global Compact on Migration».
Secondo il sotto-segretario della Sezione Migranti e Rifugiati «l’esperienza migratoria può divenire purtroppo una forza distruttiva per la separazione di famiglie e non occasione di sviluppo, per nessuno. Esiste però un mantra indotto e che nutre numerosi miti tra le persone con un background migratorio incanalandoli in concetti preconfezionati di sviluppo. Quest’ultimo comincia invece da piccoli step, è localizzato, sostenibile, non è solo di qualcuno, ma di molti e ovviamente necessita di una congiunzione socio-politica virtuosa. Migrazione e sviluppo dovrebbero nutrirsi di lungimiranza».