Intervistato da Repubblica, il giuslavorista della facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica approfondisce i nodi da risolvere sul lavoro agile, soprattutto una volta che sarà conclusa l’emergenza. Pubblichiamo l’incipit dell’articolo


di Federico Formica 

Lavoro agile, lavoro a domicilio. Due istituti diversi, normati da leggi diverse. Il lavoro agile (quello che chiamiamo smart working) è stato definito dalla 81 del 2017 mentre quello a domicilio (altrimenti detto telelavoro) risale al 1973, con le legge 877. Nella realtà, però, le due norme descrivono lo stesso fenomeno. "Si tende a pensare che il telelavoro preveda orari e luoghi di lavoro fissi e lo smart working una maggiore flessibilità ma nella sostanza, la vera differenza è che il telelavoro è svolto sempre fuori dai locali aziendali, mentre lo smart working è svolto in parte fuori, in parte nei locali aziendali", spiega Marco Marazza, avvocato e ordinario di diritto del lavoro all'Università Cattolica di Roma.
 
Cos'è. In estrema sintesi, significa che un lavoratore subordinato (a tempo determinato o indeterminato, non c'è differenza) di un'azienda privata o di una amministrazione pubblica svolge la propria attività anche a distanza. Può farlo da casa, ma anche altrove, senza una postazione fissa e "senza precisi vincoli di orario", dice la legge del 2017. Un altro elemento di flessibilità è che il suo lavoro può essere misurato anche con il raggiungimento di alcuni obiettivi. Del resto è la stessa legge che istituisce lo smart working a essere flessibile, lasciando che i dettagli e le modalità vengano stabiliti di volta in volta da accordi individuali o, nelle aziende più grandi, sindacali. Accordi che possono essere a termine o a tempo indeterminato. Insomma: è un vestito che può adattarsi a diverse esigenze.
 
Stato di emergenza. L'unica sostanziale novità introdotta dal governo nel corso della pandemia di Covid-19 è prevista dal Dpcm del primo marzo. Per consentire a molte attività di continuare anche durante il lockdown, infatti, si è scelto di agevolare il più possibile il ricorso al lavoro agile. Fino al termine dello stato di emergenza, decretato il 31 gennaio 2020 e in vigore per sei mesi (salvo proroghe) il datore di lavoro può "mettere in smart working" il dipendente in modo unilaterale. Senza accordi tra le parti che, come abbiamo visto, sono la vera essenza del lavoro agile.

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