Sono circa 168, perlopiù di piccole dimensioni, il 46% si trova in Lombardia ed è attivo nei servizi e nella consulenza. Le Società Benefit sono un fenomeno ancora poco conosciuto ma in forte evoluzione. Soprattutto in Italia: prima in Europa a dotarsi di uno strumento normativo nel settore, con l’entrata in vigore nel 2016 della normativa che le regolamenta (la legge 208/2015), ha registrato negli ultimi due anni un incremento di questa nuova tipologia di imprese. Manca però un registro specifico che classifichi tale categoria di aziende.
A tracciarne l’identikit è stata l’Alta Scuola Impresa e Società (Altis) con un’indagine condotta da Stella Gubelli, docente di Programmazione e controllo all’Università Cattolica, che aveva l’obiettivo di individuarne le caratteristiche salienti e delineare i trend di rendicontazione attualmente diffusi. Anche attraverso lo studio di un caso specifico come quello di GMC, Gemelli Medical Center, dal 2017 Società Benefit, che fa capo all’Università Cattolica e gestisce l’Hospice Villa Speranza di Roma.
Secondo l’indagine, sviluppata nel periodo marzo-maggio 2018 e a cui hanno risposto 72 aziende, il miglioramento della reputazione aziendale è tra gli elementi principali che spingono le imprese a diventare Società Benefit (58,6%) insieme a quello di bilanciare gli interessi economici e non finanziari (55,2%).
La pubblicazione del report di impatto – vale a dire un bilancio consuntivo che rendiconta l’incidenza generata da attività che hanno un risvolto sociale, a beneficio comune – favorisce inoltre la misurazione e la valutazione di un valore più ampio rispetto a quello esclusivamente economico e finanziario. Per il 48,7% dei rispondenti, il report di impatto è uno strumento reputazionale, mentre per il 41% è un supporto alla gestione e alla pianificazione: in particolare consente di razionalizzare gli obiettivi futuri e di sistematizzare le informazioni interne e le iniziative attuate (15,4%).
La ricerca ha inoltre messo in evidenza la necessità di studiare un modello condiviso per ridurre la molteplicità di modelli di rendicontazione utilizzati: il 47,4% ha infatti utilizzato la metodologia B-Lab, il 21,1% con standard della Global Reporting Initiative (GRI) e il 36,8% con criteri liberi.
Il caso specifico di GMC, Società Benefit dal 2017, ha confermato i risultati dell’indagine: primo caso a livello nazionale di Hospice-Società Benefit, costituisce un unicum nel panorama italiano, integrando aspetti di rendicontazione sociale – secondo standard GRI – con misurazione d’impatto di lungo periodo. GMC, tramite il suo primo Report, ha condiviso le azioni implementate, i risultati raggiunti e gli obiettivi di miglioramento che si intendono perseguire.
«Il report di GMC – ha spiegato Alessandro Tuzzi, responsabile delle attività di Beneficio Comune di Gemelli Medical Center e vicedirettore dell’Università Cattolica – rende visibile e chiara la doppia anima dell’impresa: da un lato, un hospice con una mission di natura particolarmente delicata (fornire cure palliative gratuite a malati in progressione di malattia e accompagnare le loro famiglie nel sostegno ai propri cari), dall’altro, un’azienda a tutti gli effetti, che deve dare conto agli stakeholder della propria sostenibilità economica, sociale e ambientale».